gli avvocati
Ma è all’interno della coppia che va cercato l’accordo
PESCARA. Quando un matrimonio finisce, gestire l’affidamento dei figli è cosa complicata. Non tanto dal punto di vista normativo, quanto umano. E lo è per le famiglie, per i magistrati, per gli...
PESCARA. Quando un matrimonio finisce, gestire l’affidamento dei figli è cosa complicata. Non tanto dal punto di vista normativo, quanto umano. E lo è per le famiglie, per i magistrati, per gli avvocati. Subentra una serie di dinamiche personali di conflitti, di rivendicazioni dall’una e dall’altra parte, ed in mezzo ci sono i bambini. Questo è, secondo gli avvocati, il punto. Ne parlano Christian Bove e Cristina Tavoni, legali del foro di Pescara, che più volte hanno affrontato vicende di separazioni e divorzi. «È fuorviante pensare che in una causa di divorzio la madre parta avvantaggiata rispetto al padre nell’affidamento del minore e nella possibilità di vederlo nella quotidianità», premette la Tavoni, «la situazione è molto più complessa, e spesso anche per il magistrato e per i legali le dinamiche da gestire sono assai intricate. In generale, comunque, molte situazioni di conflittualità sono rimesse all’intelligenza della coppia. La fine del rapporto tra i coniugi è sempre un trauma per il bambino. La contesa non aiuta. Certo», prosegue l’avvocato, «i genitori nonostante la decisione del tribunale, possono trovare mille espedienti per ostacolare un rapporto sereno del minore con uno dei due, ed in quel caso il magistrato è costretto a porre delle regole, ma tendenzialmente è preferibile che i genitori mantengano un rapporto civile per non minare la sensibilità dei figli». In generale, comunque, sembra che i casi di affidamento esclusivo al papà siano assai rari, ma perché sono le condizioni di partenza che spesso già definiscono il percorso. «La legge 54 del 2006 consente la soluzione dell’affido condiviso», precisa Bove, «è la soluzione che si tende a preferire, per lasciare ai genitori la facoltà di gestire tempi e modi di convivenza col figlio. È naturalmente più semplice scegliere la via del divorzio consensuale anziché quella del divorzio giudiziale. Per il primo, infatti, la coppia impiega pochi mesi per concludere la pratica, mentre nel secondo caso possono volerci anche 4 o 5 anni. Tempi lunghi che spesso sono fatti di scontri, di liti, delle quali a pagare le conseguenze spesso sono proprio i più piccoli, già destabilizzati per il nuovo assetto familiare».
In definitiva, sembra che non via siano situazioni di partenza che avvantaggiano l’uno o l’altro coniuge. Ogni caso va singolarmente analizzato, e spesso la difficoltà non deriva da un vuoto normativo, quanto da una condizione difficile di rapporti all’interno del nucleo familiare.
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