Martinsincuro: ucciso a pugni, arrestati due rom
De Meo colpito tre volte, i ragazzini arrestati traditi dal motorino rubato e bruciato
MARTINSICURO. La chiave di volta per risolvere il caso dell’omicidio di Antonio De Meo, il cameriere 23enne di Castel di Lama, preso a pugni a Villa Rosa, nella notte fra domenica e lunedì scorsi è arrivata da uno scooter bruciato. E’ stato proprio il motorino, bruciato appena un’ora dopo la morte del ragazzo, che ha condotto i carabinieri ai ragazzi rom che prima hanno avuto un alterco con il giovane barista dell’hotel Maxim’s e poi l’hanno preso a pugni.
I carabinieri della compagnia di Alba Adriatica e del reparto operativo di Teramo ieri mattina in conferenza stampa hanno ricostruito i momenti salienti di quella notte e delle indagini che hanno portato in poche ore all’arresto di due rom minorenni e del padre di uno di questi.
Antonio Di Meo finisce il turno di lavoro alle 23,30. Poco dopo prende la bicicletta, una di quelle che l’albergo affida agli ospiti e al personale per i piccoli spostamenti, ed aggira l’hotel. Alle spalle del Maxim’s c’è un parco giochi con un chiosco mobile che vende panini, arrosticini e bibite fino a tardi. Nel breve tragitto fra l’hotel e il parco incontra i quattro ragazzi rom, su due motorini, e c’è un primo scontro. Non si sa bene quale sia la causa scatentante, probabilmente una bicicletta sparita, ma volano parole grosse. E vola il primo pugno, forse alla tempia. Antonio De Meo va comunque avanti, fino ad arrivare al chioschetto. I quattro ragazzi però si fanno di nuovo avanti. Ricomincia l’alterco e gli sferrano altri due pugni. Il primo lo fa traballare, cade e si rialza. Il secondo, alla mascella, gli fa sbattere la testa contro la lamiera del chiosco mobile. De Meo cade, perde gli occhiali, tenta di rimetterseli. E’ l’ultimo suo movimento: non ci riesce e muore. A dargli i pugni, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, sono stati tre ragazzi del gruppetto di quattro rom: il più piccolo ha 13 anni e 11 mesi, poi c’è un 15enne e un 17enne, che avrebbe assestato l’ultimo colpo. Il quarto ragazzo, un 14enne, non ha preso parte all’aggressione.
Tutti e quattro, quando hanno visto il cameriere accasciarsi, sono scappati, così come molti avventori, impauriti dalla scena. Subito sono iniziate le indagini, che hanno avuto una svolta un’ora dopo. Qualcuno, a Villa Rosa, ha segnalato ai carabinieri che due uomini scesi da una Bmw hanno dato fuoco a uno scooter. I carabinieri fanno una serie di perquisizioni e in breve individuano il proprietario. A incendiare il ciclomotore, rubato il 3 luglio a Giulianova, sono stati il 15enne e suo padre, un commerciante 40enne di Alba. A lui il figlio aveva raccontato di aver investito un pedone con il motorino. E il padre, per evitargli guai, aveva tentato di cancellare le tracce, dandoglio fuoco nel piazzale ghiaioso del sottopasso ferroviario. Poco dopo l’uomo era già in manette con l’accusa di favoreggiamento reale, ricettazione ed incendio doloso.
In caserma, insieme al padre, viene portato pure il figlio che racconta l’accaduto, confermando ai carabinieri di aver sferrato un pugno. Vengono dunque identificati anche gli altri tre ragazzi. Alla spicciolata, lunedì mattina, si presentano tutti in caserma. Tutti danno la stessa versione della storia: tranne uno - il 14enne poi dichiarato estraneo ai fatti - hanno tutti dato un cazzotto al cameriere-studente universitario. «Il coinvolgimento emotivo degli accusati e dei testimoni», hanno spiegato ieri il capitano della compagnia carabinieri di Alba Adriatica Pompeo Quagliozzi ed il collega del nucleo investigativo di Teramo Nazario Giuliani, «è stato determinante per arrivare alla soluzione del caso». Oltre ai ragazzi, sono stati quindici i testimoni dell’accaduto sentiti dai carabinieri. Quindici, tutti decisi a collaborare al massimo.
Ecco dunque che i carabinieri arrestano, oltre al padre, due ragazzi, il 15enne di Villa Rosa e il 17enne di Falconara. Entrambi sono rinchiusi nel carcere minorile di Ancona con l’accusa di omicidio preterintenzionale in concorso e con l’aggravante dei futili motivi. Il 13enne è rimasto a casa perchè, vista la giovanissima età, non è imputabile. Pare sia, come d’altronde i compagni, scioccato per l’accaduto tanto che i familiari hanno deciso di mandarlo con la nonna per un periodo a casa di parenti, lontano - anche dalle polemiche - per cercare di fargli riacquistare un po’ di serenità.
(ha collaborato Alex De Palo)
I carabinieri della compagnia di Alba Adriatica e del reparto operativo di Teramo ieri mattina in conferenza stampa hanno ricostruito i momenti salienti di quella notte e delle indagini che hanno portato in poche ore all’arresto di due rom minorenni e del padre di uno di questi.
Antonio Di Meo finisce il turno di lavoro alle 23,30. Poco dopo prende la bicicletta, una di quelle che l’albergo affida agli ospiti e al personale per i piccoli spostamenti, ed aggira l’hotel. Alle spalle del Maxim’s c’è un parco giochi con un chiosco mobile che vende panini, arrosticini e bibite fino a tardi. Nel breve tragitto fra l’hotel e il parco incontra i quattro ragazzi rom, su due motorini, e c’è un primo scontro. Non si sa bene quale sia la causa scatentante, probabilmente una bicicletta sparita, ma volano parole grosse. E vola il primo pugno, forse alla tempia. Antonio De Meo va comunque avanti, fino ad arrivare al chioschetto. I quattro ragazzi però si fanno di nuovo avanti. Ricomincia l’alterco e gli sferrano altri due pugni. Il primo lo fa traballare, cade e si rialza. Il secondo, alla mascella, gli fa sbattere la testa contro la lamiera del chiosco mobile. De Meo cade, perde gli occhiali, tenta di rimetterseli. E’ l’ultimo suo movimento: non ci riesce e muore. A dargli i pugni, secondo la ricostruzione fatta dai carabinieri, sono stati tre ragazzi del gruppetto di quattro rom: il più piccolo ha 13 anni e 11 mesi, poi c’è un 15enne e un 17enne, che avrebbe assestato l’ultimo colpo. Il quarto ragazzo, un 14enne, non ha preso parte all’aggressione.
Tutti e quattro, quando hanno visto il cameriere accasciarsi, sono scappati, così come molti avventori, impauriti dalla scena. Subito sono iniziate le indagini, che hanno avuto una svolta un’ora dopo. Qualcuno, a Villa Rosa, ha segnalato ai carabinieri che due uomini scesi da una Bmw hanno dato fuoco a uno scooter. I carabinieri fanno una serie di perquisizioni e in breve individuano il proprietario. A incendiare il ciclomotore, rubato il 3 luglio a Giulianova, sono stati il 15enne e suo padre, un commerciante 40enne di Alba. A lui il figlio aveva raccontato di aver investito un pedone con il motorino. E il padre, per evitargli guai, aveva tentato di cancellare le tracce, dandoglio fuoco nel piazzale ghiaioso del sottopasso ferroviario. Poco dopo l’uomo era già in manette con l’accusa di favoreggiamento reale, ricettazione ed incendio doloso.
In caserma, insieme al padre, viene portato pure il figlio che racconta l’accaduto, confermando ai carabinieri di aver sferrato un pugno. Vengono dunque identificati anche gli altri tre ragazzi. Alla spicciolata, lunedì mattina, si presentano tutti in caserma. Tutti danno la stessa versione della storia: tranne uno - il 14enne poi dichiarato estraneo ai fatti - hanno tutti dato un cazzotto al cameriere-studente universitario. «Il coinvolgimento emotivo degli accusati e dei testimoni», hanno spiegato ieri il capitano della compagnia carabinieri di Alba Adriatica Pompeo Quagliozzi ed il collega del nucleo investigativo di Teramo Nazario Giuliani, «è stato determinante per arrivare alla soluzione del caso». Oltre ai ragazzi, sono stati quindici i testimoni dell’accaduto sentiti dai carabinieri. Quindici, tutti decisi a collaborare al massimo.
Ecco dunque che i carabinieri arrestano, oltre al padre, due ragazzi, il 15enne di Villa Rosa e il 17enne di Falconara. Entrambi sono rinchiusi nel carcere minorile di Ancona con l’accusa di omicidio preterintenzionale in concorso e con l’aggravante dei futili motivi. Il 13enne è rimasto a casa perchè, vista la giovanissima età, non è imputabile. Pare sia, come d’altronde i compagni, scioccato per l’accaduto tanto che i familiari hanno deciso di mandarlo con la nonna per un periodo a casa di parenti, lontano - anche dalle polemiche - per cercare di fargli riacquistare un po’ di serenità.
(ha collaborato Alex De Palo)