L’Aquila

Parisse e l’intervista a Francesco, le frasi entrate nella storia: “Vengo tra voi per incoraggiarvi”

26 Aprile 2025

Il 28 agosto 2022, in occasione della 728esima Perdonanza, Bergoglio rilasciò un’intervista esclusiva al nostro giornale e parlò dell’Abruzzo e dell’Aquila: “Jemonnanzi!”

                           di GIUSTINO PARISSE

Fra 48 ore L’Aquila vivrà una giornata storica. Domenica mattina in tanti saranno travolti dallo stupore e dall’emozione di vedere Papa Francesco che, se pur sofferente, viene all’Aquila a trovare il suo “gregge”, ad ascoltare le sue preoccupazioni, a lenirne il dolore, a condividerne le gioie, a invitarlo a guardare con fiducia al futuro, a perdonare e perdonarsi e a illuminare la propria vita con la misericordia. Gli effetti spirituali e anche “laici” – visto che tutto avviene in occasione della Perdonanza e con l’apertura, prima volta per un Pontefice, della Porta Santa – si vedranno a lungo termine come accadde per la visita, dopo il terremoto del 2009, di Papa Benedetto XVI. Francesco attraverserà la città sulla papamobile e avrà al suo fianco l’arcivescovo dell’Aquila, cardinale Giuseppe Petrocchi, che la visita ha voluto ricevendo subito una risposta positiva, calorosa, paterna. Il Centro a fine giugno, ha inviato a Papa Francesco, attraverso canali ufficiali, una lettera con quattro domande sul significato spirituale della Sua visita pastorale all’Aquila. Quelle che seguono sono le risposte del Santo Padre, nelle quali Francesco ribadisce alcuni punti chiave del suo Pontificato e lancia un significativo messaggio di incoraggiamento alla comunità aquilana. 

-- Santità, la tragedia del terremoto del 6 aprile 2009 ha cambiato la storia dell’Aquila e la vita di tante persone. Il dolore a volte ci pone domande sulla nostra fede ma può darci anche la forza di guardare a Dio con rinnovata fiducia. Come si può rinascere a vita nuova quando la vecchia sembra perduta? 

«Il dolore e la sofferenza sono sempre un mistero. Non dobbiamo pensare che basta avere qualche ragionamento convincente e siamo messi al sicuro dal buio di certe esperienze. Gesù stesso ha fatto l’esperienza di vivere questo buio, di sentirsi solo, sconfitto. Ma allo stesso tempo ci ha insegnato che proprio in quel momento dove tutto sembra ormai perduto si può fare un gesto inaspettato: fidarsi del Padre! “Nelle tue mani Signore consegno il mio spirito”, dice Gesù sulla Croce. Non può esserci nessuna rinascita senza questo gesto di fiducia in Chi ha il potere di tenerci la mano proprio quando vengono a crollare tutte le altre certezze. Un credente sa che questa vita è solo un “passaggio”, un viaggio che ci conduce in una vita che non passa. Senza questa certezza nulla avrebbe senso, e ogni cosa verrebbe schiacciata dal destino della morte. Ma questa certezza interiore è un dono che va chiesto, e allo stesso tempo va protetto da tutto ciò che vorrebbe spegnerlo. Basta leggere la Bibbia e accorgersi che tutti coloro che si sono dovuti rimettere in piedi per ricominciare, lo hanno fatto a partire da una umiltà nuova, una nuova consapevolezza di se stessi. Potremo dire che si sono rialzati “più umani” di prima». 

-- Santo Padre, Lei viene all’Aquila ad aprire la Porta Santa della basilica di Collemaggio, simbolo del Perdono. In un mondo squassato da contrapposizioni e da guerre, il Perdono può essere la chiave per cambiare prospettiva e guardare con speranza al futuro? 

«Stiamo assistendo in questi mesi alla guerra in Ucraina, ma anche a tanti altri conflitti che non trovano abbastanza spazio nei mezzi di comunicazione e che affliggono migliaia di persone, soprattutto di innocenti. Il male non si vince mai con il male, ma solo con il bene. Ci vuole più forza a perdonare che a fare una guerra. Ma il perdono ha bisogno di una grande maturazione interiore e culturale. Credo che tutti insieme dobbiamo coltivare una cultura della pace che passi proprio dalla maturazione di un perdono possibile. Senza questo impegno rimarremo impantanati nelle logiche del male che si agganciano alle logiche di interesse di chi approfitta di questi conflitti per arricchirsi e sfruttare. Il perdono è l’unica arma possibile contro ogni guerra».

--  Papa Celestino V seppe far prevalere l’umiltà e l’amore per i poveri. Oggi, in molti strati della nostra società, si corre solo dietro al lusso e al denaro. La Chiesa ci insegna che in ogni povero possiamo vedere Gesù. La povertà intesa non come completa indigenza può essere per noi un valore? 

«C’è una povertà frutto di ingiustizia e una povertà evangelica che è libertà dal possesso. La prima va combattuta con la giustizia e la solidarietà, la seconda invece va scelta come strada che conduce a sperimentare la vera pace. Infatti solo quando non siamo schiavi del possesso possiamo sperimentare quella libertà interiore che ci fa sentire gioia per ogni cosa della vita. La povertà, anche per un cristiano, non è uno slogan ma un modo di stare al mondo. La povertà è l’atteggiamento di chi è veramente libero». 

-- La Chiesa aquilana in questi anni tanto ha fatto e fa per essere vicina a chi soffre e ai bisognosi. Sin dalle ore successive al terremoto è stata fondamentale punto di riferimento. All’Aquila ci sono ancora molte abitazioni e anche tanti edifici sacri da ricostruire. Quale incoraggiamento Santo Padre Lei può dare a tutti noi affinché l’unità di intenti e la solidarietà siano le colonne di una rinascita che abbia come stella polare il bene comune? 

«Ringrazio la Chiesa dell’Aquila per la testimonianza che ha portato in questi anni. Ringrazio i pastori che vi si sono succeduti a partire da Monsignor Molinari che ha vissuto direttamente il terremoto del 2009, fino ad arrivare al Cardinale Petrocchi. Ma il mio ringraziamento va a tutti i sacerdoti, religiosi e religiose che assieme ai laici hanno portato avanti una ricostruzione che non ha riguardato solo le case ma l’anima stessa della gente. È infatti la vicinanza, la presenza, la condivisione, la carità concreta, l’ascolto, la tenerezza, il modo attraverso cui il Vangelo deve essere annunciato, specie quando ci si trova accanto a coloro che hanno sofferto molto. Non si può andare molto lontano se non insieme. Solo l’unità rende possibile dei cambiamenti veri e duraturi. Bisogna lasciarsi alle spalle tutte le cose che ci dividono e valorizzare invece tutto ciò che unisce. Con questo stile la speranza non sarà solo un’utopia ma una certezza su cui poggiare il futuro e l’impegno di tutti. Vengo in mezzo a voi soprattutto per confermarvi nella speranza di Gesù Crocifisso e Risorto! Ma vengo anche per incoraggiarvi a fare tesoro del messaggio che Papa Celestino ha lasciato a tutta la Chiesa. Davvero l’umiltà, l’amore, la vicinanza, il perdono, la misericordia sono il modo più bello di annunciare il Vangelo agli uomini e alle donne di oggi e di tutti i tempi». ©RIPRODUZIONE RISERVATA