IL DOPO-ELEZIONI
Più seggi alla lista che ha preso meno voti: scoppia il caso dei "resti"
Al centrosinistra due seggi in meno del M5s malgrado abbia preso 65mila voti in più. Legnini invita all'interpretazione secondo il principio costituzionale dell'uguaglianza del voto. Non sono esclusi strascichi giudiziari
L'AQUILA. Il caso sui resti nel conteggio dei voti irrompe nel dopo-elezioni regionali. A sollevarlo è il candidato del centrosinistra alla presidenza Giovanni Legnini lasciando capire che possano esserci strascichi giudiziari. Il punto dal quale parte Legnini è semplice: può una coalizione avere meno seggi in consiglio regionale di un'altra che ha preso meno voti?
«I dati sugli eletti diramati dal Viminale non costituiscono un'ufficiale distribuzione dei seggi, a me sembra debba essere interpretata la legge regionale, perché trovo singolare che la nostra coalizione, arrivata seconda e che ha il 13 per cento in più, abbia due consiglieri in meno del Movimento Cinquestelle», spiega l'ex vice presidente del Csm commentando il voto in Abruzzo. In sostanza è successo che nella fase di conteggio, il centrosinistra, con una delle sue liste civiche, ha maturato dei voti che non gli sono stati sufficienti per vedersi attribuire ulteriori seggi in consiglio regionale. Questi "resti" sono scivolati a vantaggio del M5s che ha potuto, al contrario del centrosinistra, utilizzarli per arrotondare il conteggio e conquistare due seggi in più.
Legnini invita all'interpretazione «non violando il principio costituzionale della uguaglianza del voto». «Non si possono distribuire meno seggi a chi ha perso», sottolinea in riferimento al fatto che il centrosinistra ha avuto circa 183mila voti conquistando 5 seggi e il Movimento Cinquestelle circa 118mila con 7 seggi conquistati. Un'"incongruenza nella legge elettorale abruzzese" per il quale Legnini spiega che sarà valutato eventualmente "il da farsi dopo il passaggio della Corte di Appello".