Preso il killer dell’imprenditore ucciso a Tirana
Stefano Rossi aveva 24 anni, gli spararono con il mitra per i soldi degli stipendi
TERAMO. Per undici anni ha creduto che gli assassini di suo fratello fossero stati tutti arrestati e condannati. Solo ieri Luciano Rossi ha scoperto che così non era. Solo ora, infatti, ha un nome e un volto l’assassino di suo fratello Stefano, il giovane imprenditore 24enne di Giulianova che il 27 gennaio del 1998 venne falciato da una raffica di kalashnikov alla periferia di Tirana, la città albanese in cui con i familiari aveva aperto un calzaturificio.
I killer gli tesero un agguato per rapinarlo dei 22 milioni di lire ritirati dalla banca per pagare gli operai. La polizia albanese ha arrestato Flamur Hida, 29 anni, latitante. Hida, tra i più ricercati in Albania, è considerato un sicario a pagamento e sospettato di atti criminali avvenuti a Tirana dal 1998 ad oggi.
Nei suoi confronti sono state emesse condanne per un totale di 37 anni di reclusione, con l’accusa di omicidio e rapine a mano armata. All’epoca la polizia albanese fermò quattro persone sospettate di fare parte della banda che aveva aggredito l’imprenditore. Ma il vero assassino, Hida, era riuscito a scappare. Il giovane abruzzese fu una delle prime vittime del Far West che era l’Albania del dopo Sali Berisha. «In quel periodo a Tirana c’era solo confusione», ricorda oggi il fratello Luciano, imprenditore, «lo Stato era assente».
E per undici anni i familiari di Stefano Rossi hanno pensato che gli assassini fossero stati tutti arrestati e condannati. «Così ci avevano detto», dice ancora Luciano, «questa notizia riapre una ferita che non si è mai rimarginata. Mio fratello era un ragazzo di 24 anni con tanta voglia di vivere e di lavorare. Eravamo tra i primi, in quegli anni, ad essere arrivati in Albania. Avevamo portato la nostra azienda e tutto sembrava andare per il meglio. Poi la tragedia. Io ero ripartito il giorno prima da Tirana e Stefano sarebbe dovuto rientrare dopo qualche giorno. L’ultimo ricordo? Ne ho tanti. Ma forse quello più caro è legato ad una foto fatta in una di quelle macchinette che si trovano per strada. Ci siamo io e Stefano che sorridiamo alla vita».
Luciano Rossi oggi continua a fare l’imprenditore, anche se non si occupa più di calzature. Dopo l’assassino del fratello è rimasto per un altro anno in Albania. «Abbiamo spostato l’azienda in un’altra città», ricorda, «ma siamo rimasti anche per continuare a dare lavoro ai nostri operai. Poi ho venduto l’azienda». Un anno fa è tornato a Tirana per un matrimonio. «E’ una città diversa, completamente cambiata», conclude, «Stefano sarebbe stato contento di vederla così». (d.p.)
I killer gli tesero un agguato per rapinarlo dei 22 milioni di lire ritirati dalla banca per pagare gli operai. La polizia albanese ha arrestato Flamur Hida, 29 anni, latitante. Hida, tra i più ricercati in Albania, è considerato un sicario a pagamento e sospettato di atti criminali avvenuti a Tirana dal 1998 ad oggi.
Nei suoi confronti sono state emesse condanne per un totale di 37 anni di reclusione, con l’accusa di omicidio e rapine a mano armata. All’epoca la polizia albanese fermò quattro persone sospettate di fare parte della banda che aveva aggredito l’imprenditore. Ma il vero assassino, Hida, era riuscito a scappare. Il giovane abruzzese fu una delle prime vittime del Far West che era l’Albania del dopo Sali Berisha. «In quel periodo a Tirana c’era solo confusione», ricorda oggi il fratello Luciano, imprenditore, «lo Stato era assente».
E per undici anni i familiari di Stefano Rossi hanno pensato che gli assassini fossero stati tutti arrestati e condannati. «Così ci avevano detto», dice ancora Luciano, «questa notizia riapre una ferita che non si è mai rimarginata. Mio fratello era un ragazzo di 24 anni con tanta voglia di vivere e di lavorare. Eravamo tra i primi, in quegli anni, ad essere arrivati in Albania. Avevamo portato la nostra azienda e tutto sembrava andare per il meglio. Poi la tragedia. Io ero ripartito il giorno prima da Tirana e Stefano sarebbe dovuto rientrare dopo qualche giorno. L’ultimo ricordo? Ne ho tanti. Ma forse quello più caro è legato ad una foto fatta in una di quelle macchinette che si trovano per strada. Ci siamo io e Stefano che sorridiamo alla vita».
Luciano Rossi oggi continua a fare l’imprenditore, anche se non si occupa più di calzature. Dopo l’assassino del fratello è rimasto per un altro anno in Albania. «Abbiamo spostato l’azienda in un’altra città», ricorda, «ma siamo rimasti anche per continuare a dare lavoro ai nostri operai. Poi ho venduto l’azienda». Un anno fa è tornato a Tirana per un matrimonio. «E’ una città diversa, completamente cambiata», conclude, «Stefano sarebbe stato contento di vederla così». (d.p.)