Società fittizie per un raggiro da 16 milioni
Tre anni fa 11 arresti. Il procuratore: gruppo con potere assoluto.
PESCARA. Il nome in codice dell’operazione è Bomba. È nel centro in provincia di Chieti che gli investigatori della Guardia di finanza scoprono cinque imprese fantasma utilizzate per ottenere finanziamenti pubblici. Le società farebbero capo a Marco Picciotti, imprenditore di Altino che, secondo gli investigatori, avrebbe ottenuto fondi per oltre 700 mila euro, oltre a due milioni di euro che sarebbero incassati attraverso altre iniziative considerate fraudolente. È da Bomba, dunque, che parte l’indagine del pm Filippo Guerra, titolare dell’inchiesta prima di essere distaccato alla procura di Gela e dell’assegnazione del fascicolo al collega Andrea Papalia. Determinante però, è la perquisizione negli uffici Fira dopo il crac dell’ex pastificio Delverde di Fara San Martino.
Il 27 ottobre 2006, dunque, dopo lunghe indagini, scattano gli arresti disposti dal gip Guido Campli: undici persone vengono fermate, gli indagati sono 45. Con Masciarelli, finiscono in carcere Paolo De Michele, considerato il braccio destro dell’ex presidente Fira, l’imprenditore di Altino, Marco Picciotti. Ai domiciliari, invece, vanno Silvio Cirone, Carolina D’Antuono, Giovanni Cirulli, Ivan Marinelli, Pietro D’Arcangelo, Barbara Picciotti, Vincenzo Trozzi, ex vice presidente Fira, e Domenico Grossi. Tutti, in seguito, torneranno in libertà.
Nel corso delle indagini, le Fiamme gialle sequestrano anche due milioni di euro, ritenuti provento di un presunto finanziamento indebito. Scattano i sigilli anche ad abitazioni, terreni, capannoni e un’imbarcazione. È solo una parte, secondo l’accusa, del denaro che potrebbe essere finito all’estero su conti occulti: 16 milioni il valore stimato della truffa.
Di questo denaro, sostiene la procura di Pescara, ci sarebbe traccia nella pen drive (una memoria di massa portatile) di Paolo De Michele: in una serie di mail in cui i soldi vengono definiti «volantini», indirizzate a un funzionario di banca di Lugano, ci sarebbe la spartizione sui conti correnti degli indagati. Il 3 agosto 2005, per esempio, De Michele scrive: «Carissimo Rocco oggi, sono stati inviati altri volantini, circa 333 in arrivo da te. Dovresti distribuirli in questo modo: 57 Silvio, 57 Paolo, 57 Gianluca, 42 Ivan, 120 Giancarlo». Ma i soldi, per gli investigatori, potrebbero aver preso anche la strada di Londra e San Marino.
Il significato dello scandalo Fira però va oltre la presunta truffa alla Regione. Da una costola dell’inchiesta, infatti, prenderà il via anche l’indagine sulla cartolarizzazione dei debiti della sanità che, con i clamorosi arresti del 14 luglio 2008, porteranno all’arresto di Ottaviano Del Turco e alla decapitazione della giunta regionale. Ancora una volta, la traccia sarebbe contenuta nella pen drive, dove in un documento intestato «Gestione attività 2004-2005» si legge: «Cinque bandi della sanità «per circa 25 milioni di euro. Circa 4 milioni come lavoro delle società». Già allora, il procuratore capo Nicola Trifuoggi parlava di «ruolo di potere assoluto raggiunto dai componenti del gruppo criminale», ma anche di «colposo disinteresse e mancanza di controllo della Regione».
Il 27 ottobre 2006, dunque, dopo lunghe indagini, scattano gli arresti disposti dal gip Guido Campli: undici persone vengono fermate, gli indagati sono 45. Con Masciarelli, finiscono in carcere Paolo De Michele, considerato il braccio destro dell’ex presidente Fira, l’imprenditore di Altino, Marco Picciotti. Ai domiciliari, invece, vanno Silvio Cirone, Carolina D’Antuono, Giovanni Cirulli, Ivan Marinelli, Pietro D’Arcangelo, Barbara Picciotti, Vincenzo Trozzi, ex vice presidente Fira, e Domenico Grossi. Tutti, in seguito, torneranno in libertà.
Nel corso delle indagini, le Fiamme gialle sequestrano anche due milioni di euro, ritenuti provento di un presunto finanziamento indebito. Scattano i sigilli anche ad abitazioni, terreni, capannoni e un’imbarcazione. È solo una parte, secondo l’accusa, del denaro che potrebbe essere finito all’estero su conti occulti: 16 milioni il valore stimato della truffa.
Di questo denaro, sostiene la procura di Pescara, ci sarebbe traccia nella pen drive (una memoria di massa portatile) di Paolo De Michele: in una serie di mail in cui i soldi vengono definiti «volantini», indirizzate a un funzionario di banca di Lugano, ci sarebbe la spartizione sui conti correnti degli indagati. Il 3 agosto 2005, per esempio, De Michele scrive: «Carissimo Rocco oggi, sono stati inviati altri volantini, circa 333 in arrivo da te. Dovresti distribuirli in questo modo: 57 Silvio, 57 Paolo, 57 Gianluca, 42 Ivan, 120 Giancarlo». Ma i soldi, per gli investigatori, potrebbero aver preso anche la strada di Londra e San Marino.
Il significato dello scandalo Fira però va oltre la presunta truffa alla Regione. Da una costola dell’inchiesta, infatti, prenderà il via anche l’indagine sulla cartolarizzazione dei debiti della sanità che, con i clamorosi arresti del 14 luglio 2008, porteranno all’arresto di Ottaviano Del Turco e alla decapitazione della giunta regionale. Ancora una volta, la traccia sarebbe contenuta nella pen drive, dove in un documento intestato «Gestione attività 2004-2005» si legge: «Cinque bandi della sanità «per circa 25 milioni di euro. Circa 4 milioni come lavoro delle società». Già allora, il procuratore capo Nicola Trifuoggi parlava di «ruolo di potere assoluto raggiunto dai componenti del gruppo criminale», ma anche di «colposo disinteresse e mancanza di controllo della Regione».