la protesta
Tartufai contro i vincoli ai non residenti
L’associazione regionale Amta attacca il comune di Castel di Sangro per l'ordinanza che vieta la raccolta ai forestieri
CHIETI. «Regolamentare la ricerca e la raccolta del tartufo è un conto, discriminare tra categorie di persone, in questo caso tra residenti e forestieri, è invece tutt'altra cosa e non è nemmeno in linea con la Costituzione, e per questo abbiamo già chiesto alla Regione di verificare l’operato del consiglio comunale di Castel di Sangro e fare in modo che la delibera vanga annullata». Risponde così Gabriele Caporale, presidente dell'Amta (Associazione micologica tartufai abruzzesi) alla massima assemblea della cittadina aquilana che a fine marzo ha deciso di recintare i terreni sottoposti a uso civico, dove a entrare per la raccolta del tartufo saranno ammessi soltanto i castellani. Già un altro centro dell’Aquilano, Pereto, aveva tentato in passato di chiudere ai tartufai forestieri le aree comunali a alta densità del prezioso tubero, ma fu proprio l'Amta che si mosse nella doppia direzione di un ricorso al Tar e dell'intervento dell'assessore regionale all'Agricoltura. Con il ritiro della delibera, l'associazione segnò la vittoria su tutto il fronte anche in seguito alla modifica alla legge regionale 66 del 2012 che disciplina la raccolta, un affare che in Abruzzo fa registrare cifre considerevoli visto che il pregiato tartufo bianco regionale può costare oltre 2000 euro al chilo. «Come per Pereto, il caso di Castel di Sangro», attacca Caporale, «ha suscitato tra i nostri associati un genuino stupore, dal momento che la delibera poggia su basi molto deboli. Senza entrare troppo nei dettagli», prosegue il numero uno del sodalizio con sede a Perano, «possiamo dire che la delibera è nulla per due ordini di motivi. Il primo attiene agli usi civici che non prevedono la raccolta dei tartufi, per il semplice motivo che nel 1927 in Abruzzo non si sapeva nemmeno cosa fosse il tartufo. E anche se fosse possibile un utilizzo degli usi civici, ma ribadiamo che non lo è», argomenta Caporale, «la legge regionale 66 ha previsto all'articolo 24 che nessun Comune, o amministrazione separata, per esempio quella sugli usi civici, possa diversificare le condizioni tra residenti e non residenti».
Francesco Blasi
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