Tetti alle parcelle, ingegneri in rivolta contro la Regione Abruzzo
Una delibera invita i Comuni a non superare il 3% dei costi per le spese di progettazione. "Pronti a ricorrere al Tar"
L'AQUILA. Ingegneri abruzzesi pronti a partire con centinaia di ricorsi al Tar contro la Regione e il governatore Luciano D'Alfonso, responsabili di voler risparmiare risorse nei lavori pubblici a scapito dei professionisti. Nel mirino degli ingegneri della Federazione abruzzese c'è un provvedimento regionale (la delibera del 5 settembre 2014) in cui vengono imposti ai Comuni tetti massimi dal 2,5 al 3% del finanziamento complessivo di un'opera pubblica per le spese di progettazione.
Secondo gli ingegneri «un tentativo intimidatorio e riduttivo nei confronti del mondo dei tecnici» che «sposta indietro di 20 anni le lancette dell'orologio». Contro di essa gli ordini degli ingegneri delle province abruzzesi dichiarano ora battaglia anche legale.
Ad alzare gli scudi contro la Regione Abruzzo sono i settemila ingegneri iscritti alla Federazione abruzzese e «colpiti» da un provvedimento che l'ente ha approvato per calmierare i costi nei lavori pubblici. In difesa della categoria è sceso anche il presidente nazionale dell'ordine degli ingegneri, Armando Zambrano, che ieri mattina ha partecipato a un incontro nella sede aquilana durante il quale è stata stabilita una sorta di road map della protesta. Prima un appello al presidente della Regione a confrontarsi con i professionisti per cambiare la norma; poi, se risposta non dovesse esserci (diversi gli appelli e le lettere inviate al governatore), partiranno i ricorsi al Tar. Secondo gli ingegneri l’imposizione del tetto di spesa avrebbe come conseguenza l'indebolimento della qualità dei progetti. «Chiediamo a D’Alfonso un incontro urgente», ha esortato Zambrano, «perché le parcelle si ridurrebbero del 70%. E questo è inaccettabile».
A mandare su tutte le furie i progettisti è stata proprio la lettera fatta seguire all'approvazione della delibera, a firma di D'Alfonso, in cui i Comuni vengono esortati «per esigenze di pubbico interesse regionale, a razionalizzare al massimo l'uso delle risorse». «Che cosa sarebbe questo fantomatico “pubblico interesse”?», chiedono i tecnici. Non solo. La delibera regionale contraddice, come specificato dagli ingegneri, la normativa nazionale che prevede che gli enti beneficiari per l'affidamento dei servizi d'ingegneria per un'opera pubblica devono fare riferimento a precise norme statali, che stabiliscono già i costi delle prestazioni professionali che vanno messi a gara (quelle soggette a ribasso).
«Non si può imporre un importo predeterminato ai Comuni», ha commentato il presidente dell’ordine provinciale degli ingegneri dell’Aquila Elio Masciovecchio, «che tra l'altro non hanno i soldi. Le piccole amministrazioni, infatti, sono nel concreto discriminate perché i loro uffici non hanno le risorse e il personale competente a svolgere tali prestazioni». A dare l'affondo è il presidente Zambrano: «Spesso queste norme vengono approvate apposta, così ci si affida all'impresa all'interno della Pubblica amministrazione, in modo, poi, da poter fare le varianti, aumentando i costi e i tempi».
©RIPRODUZIONE RISERVATA