Cassazione: fuori legge la vendita dei derivati della cannabis

31 Maggio 2019

Sentenza della suprema corte mette in bilico l'attività di numerosi punti vendita: illeciti i prodotti con efficacia drogante

ROMA. Per la Cassazione, la legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l'olio, le foglie, le inflorescenze e la resina. A dirlo con chiarezza sono state le sezioni unite penali della suprema corte che hanno affrontato il nodo della cannabis light e quindi di riflesso quello dei negozi che vendono questo tipo di prodotti, arrivando alla conclusione che l'unica coltivazione consentita di canapa sativa è quella destinata a fini medici. Tuttavia, vendere questi derivati _ sui quali è nato un fiorente business _ è reato, «salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante». Una valutazione che dovrà essere fatta caso per caso dai giudici di merito che devono stabilire se sequestrare o meno questa merce, dal momento che gli "ermellini" _ almeno in base a quanto emerge dalla massima di diritto che hanno redatto _ non sembrano aver affrontato il tema della soglia del principio "drogante" consentito. Qualcosa di più emergerà quando verranno depositate le motivazioni del verdetto. «Siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma, e a favore del divertimento sano», ha detto il ministro dell'Interno Matteo Salvini. «Soddisfazione» anche dal ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana, che nel verdetto vede una «conferma delle preoccupazioni che abbiamo sempre manifestato in relazione alla vendita di questo tipo di prodotti e la bontà delle posizioni espresse e delle scelte da noi adottate fino a oggi». Per Annagrazia Calabria (Forza Italia), «non si possono tollerare zone d'ombra che in qualche modo legittimino la subcultura dello sballo». I radicali invece sperano che non sia «una sentenza politica, in linea con il volere di un ministro che ha annunciato un'offensiva contro la cannabis light» e rilevano che si colpisce «uno dei più promettenti settori dell'agricoltura».

«La commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell'ambito di applicazione della legge numero 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa» a fini medici, «pertanto integrano reato», afferma la Cassazione «le condotte di vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati» dalla coltivazione della cannabis, «salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante». Il verdetto si conclude con l'annullamento con rinvio della revoca di un sequestro di derivati avvenuto nelle Marche, come chiesto in subordine dal procuratore generale della suprema corte Maria Giuseppina Fodaroni, che si era espressa per l'invio degli atti alla Consulta, come prima indicazione. Ad avviso del Pg, secondo quanto riferito da fonti della difesa, «le indicazioni fornite dal legislatore, non sono chiare: pertanto non vi è la prevedibilità, da parte del cittadino e del commerciante, sulle condizioni suscettibili di essere sanzionate».