Gaetano Scirea, quel nostro eroe solitario

3 Settembre 2019

Morì in un incidente stradale in Polonia, sulla superstrada Varsavia-Katowice. Ci era andato per studiare il Gornik Zabrze, avversario in Coppa Uefa della Juve di cui era vice allenatore. Se ne andò così, Gaetano Scirea, il 3 settembre 1989, trent’anni fa. Aveva appena 36 anni. Era un lombardo taciturno e solitario, nel ruolo più solitario delle squadre di calcio di un tempo, quello di libero: solo dietro agli altri difensori, l’ultimo baluardo prima del portiere. In quel posto di frontiera, Scirea aveva vinto sette scudetti, una Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Ma soprattutto era stato un eroe della Notte del Bernabeu che, l’11 luglio 1982, terminò con Dino Zoff che alzava al cielo la Coppa del mondo. In campo era corretto come nella vita. Lo rispettavano perfino i tifosi delle squadre rivali. Era un eroe benedetto dalla mitezza, della schiatta di quelli raccontati da Beppe Fenoglio, come il Milton di “Una questione privata” che lascia il mondo senza rumore: «Correva, con gli occhi sgranati, vedendo pochissimo della terra e nulla del cielo. Era perfettamente conscio della solitudine, del silenzio, della pace, ma ancora correva, facilmente, irresistibilmente. Poi gli si parò davanti un bosco e Milton vi puntò dritto. Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò».
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