Gerry Scotti e l’arte di uscire di scena

29 Gennaio 2019

Spesso ci intestardiamo a cercare la saggezza nei posti sbagliati. Pensiamo che i filosofi possano darci una mano e trascuriamo i personaggi della televisione. Gerry Scotti è tutto fuorché un filosofo, ma, l’altro giorno, in un’intervista alla Stampa ha detto un paio di cose da fare invidia a Schopenhauer: «Provo imbarazzo per alcuni “grandi della tv” che si lamentano, magari passati gli 80 anni, perché “non li fanno lavorare”. Sono frasi che spero non dirò mai. Non accorgersi che il “tempo è finito” è un peccato grave». Tenere la scena, essere sotto i riflettori dell’attenzione altrui sono ossessioni alle quali soccombiamo un po’ tutti nell’era del narcisismo. I 15 minuti di celebrità preconizzati per tutti da Andy Warhol non bastano più a soddisfare il nostro desiderio di piacere, di essere amati. E invece la ginnastica che ci salva dalla disperazione è proprio l’inverso di questa inesausta brama di notorietà. La strada è quella indicata da Gerry Scotti: uscire di scena con stile. In una poesia intitolata “L’arte di perdere”, Elizabeth Bishop ci suggerisce gli esercizi da compiere per prepararci a questo passo di addio: «L’arte di perdere non è difficile da imparare/Ho perso due città, proprio graziose./ E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo, due fiumi, un continente/Mi mancano, ma non è stato un disastro».
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