«I miei tre anni accanto a Conte»
Giornalista, 41 anni, originaria di Miglianico (Chieti), capo ufficio stampa dell’ex premier
Comunicazione, politica e pandemia raccontati con gli occhi di chi ha vissuto ansie, tensioni e soddisfazioni all’interno della stanza dei bottoni. Quelli di Mariachiara Ricciuti, 41 anni, di Miglianico, giornalista, coordinatrice dell’ufficio stampa dell’ex premier Giuseppe Conte. Discreta, ma costante al fianco dell’ex premier. Spesso nelle retrovie davanti alle telecamere focalizzate sul primo ministro. I suoi concittadini l’hanno riconosciuta in televisione e nelle foto sui giornali. Anche per lei è tempo di passaggio delle consegne dopo quasi tre anni al fianco del presidente del consiglio, attenta a filtrarne e a curarne la comunicazione. Ed è anche il momento di raccontare emozioni e aneddoti di un’esperienza entusiasmante. Da un piccolo paese in provincia di Chieti fino a palazzo Chigi.
Ricciuti, in che cosa consisteva il suo ruolo e il suo lavoro nello staff del presidente del consiglio Giuseppe Conte?
Per oltre due anni e mezzo ho curato la comunicazione del Presidente Conte in ogni suo aspetto, insieme al portavoce Rocco Casalino e al responsabile dei social Dario Adamo. Ho seguito Conte in tutte le sue uscite pubbliche, in Italia e in giro per il mondo, e ho coordinato l’ufficio stampa della presidenza del consiglio, composto da oltre una decina di giornalisti. La presidenza del consiglio è una macchina complessa, affinché funzioni bene è necessario che anche la comunicazione si muova all’unisono con tutti gli altri ingranaggi.
Il suo ingresso nello staff del premier è da ricondurre alla militanza nel M5S?
Non parlerei di militanza. Ho cominciato a lavorare con il Movimento nel 2014 in Senato e avevo alle spalle già diversi anni di lavoro come ufficio stampa nelle istituzioni. Semplicemente feci un colloquio e venni scelta tra decine di candidati. Nel 2018 seguii Di Maio nella campagna elettorale per le elezioni politiche, mi occupavo dei rapporti con la stampa e per sei mesi girammo tutta l’Italia a bordo di un pulmino, un’esperienza durissima, ma entusiasmante. Quando il M5S vinse le elezioni e indicò Giuseppe Conte come presidente del consiglio, Casalino mi volle a palazzo Chigi con lui.
Qual è stato il momento più bello e quello più brutto della sua esperienza?
I momenti belli davvero non si contano, il primo che mi viene in mente è la gioia che provammo quando Conte riuscì a evitare la procedura di infrazione per l’Italia da parte dell’Europa, che avrebbe avuto per il Paese un prezzo pesantissimo. Il momento più brutto, invece, lo ricordo benissimo: era la sera del 21 febbraio dello scorso anno, quando arrivò la notizia del paziente 1 a Codogno e della prima vittima del Covid in Italia. Tornavamo da Bruxelles, atterrammo a Roma alle undici di sera e di corsa andammo alla sede della Protezione Civile: ricordo benissimo l’angoscia di quelle ore, la sensazione di smarrimento e di urgenza per quella epidemia sconosciuta che entrava definitivamente nelle vite di tutti noi.
Come si orienta o si gestisce la comunicazione di un premier?
A fare la differenza è sempre il presidente per cui lavori. Il nostro compito è valorizzare la persona e il suo lavoro e con Conte abbiamo avuto a disposizione un “capitale” enorme di capacità, sensibilità e umanità. Noi abbiamo messo in luce e valorizzato questo capitale facendolo conoscere al Paese, che da subito ha apprezzato Conte riconoscendo la sua autenticità.
L’intensificazione dell’attività sui social, a suo avviso, ha influito, e come, sulla popolarità del premier?
Questa è stata una conseguenza della pandemia e, quindi, di una comunicazione d’emergenza che ha caratterizzato tutto il 2020. Conte è diventato un punto di riferimento per gli italiani, era il volto e la voce da cui i cittadini aspettavano di sapere cosa ne sarebbe stato delle loro vite, se potevano uscire di casa, spostarsi, riaprire la loro attività. La sua empatia, la sua trasparenza, l’averci messo la faccia sempre, anche quando i provvedimenti da annunciare erano gravosi, hanno fatto il resto.
Il rapporto di Conte con l’Abruzzo?
Tanto per rendere l’idea fu la regione in cui scelse di passare la sua prima vigilia di Natale da presidente del consiglio, una vigilia all'insegna della solidarietà. Visitò la Comunità “Il Nido del Focolare” a Cerchiara d'Isola del Gran Sasso, una casa famiglia a Campli e, infine, cenò insieme agli ospiti della mensa Caritas di Giulianova.
Nel corso degli anni come sono cambiate le sue mansioni a Palazzo Chigi?
Sono state sempre le stesse, anche nel passaggio dal Conte1 al Conte2. Sono solo aumentate le responsabilità, ma questo è normale.
Che cosa le rimane dentro di questa esperienza?
Tantissimo, sicuramente l’onore e la gioia di aver lavorato per il Paese e con un presidente straordinario come Giuseppe Conte. Al punto da non sentire nemmeno la fatica di questi anni vissuti in giro per il mondo, con il trolley sempre pronto, sempre reperibile a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Si è parlato anche di una rivalità con il portavoce Rocco Casalino, che cosa c’è di vero?
Nulla di vero, sono legata a Casalino da un affetto sincero, ormai lavoriamo insieme da sette anni e funzioniamo perché siamo molto diversi, ma complementari: lui è geniale e allergico alle regole, io sono più istituzionale e pignola, è un mix perfetto.
Quali dei viaggi e dei momenti vissuti all’estero, al fianco di Conte, sono stati più emozionanti?
Se si esclude l’ultimo anno, che a causa della pandemia ci ha visti fermi, in un anno e mezzo ho visitato 24 Stati in 4 Continenti diversi: Cina, Giappone, Vietnam, Canada, Usa, Argentina e poi tanti paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Però, ricordo bene l’emozione della prima volta che entrammo nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, a New York, dove Conte tenne il suo discorso tra i grandi della Terra; e poi a Mosca al Cremlino, per l’incontro con Putin: ero l’unica donna seduta a un tavolo di soli uomini.
Quando ha capito che sarebbe caduto il secondo governo Conte?
È stata una sensazione che negli ultimi due mesi si è andata rafforzando giorno dopo giorno, mi rendevo conto che la ricomposizione era impossibile, per il semplice fatto che chi aveva innescato quella crisi politica non aveva nessuna intenzione di farla rientrare.
Nel tempo è cambiato il suo giudizio sui mass media italiani?
È inevitabile. Quando ci lavori ogni giorno finisci per conoscerne vizi e virtù.
Adesso quali sono i suoi progetti per il futuro?
Ho delle proposte da valutare, ma lo farò senza fretta.
©RIPRODUZIONE RISERVATA