Il razzo cinese cade nell'Oceano Indiano, nessun impatto con l'Italia
Rientra l'allarme dopo le previsioni dei giorni scorsi. L'impatto a poca distanza dalle Maldive
ROMA. Nessun impatto sull'Abruzzo e sul territorio italiano dei frammenti del razzo cinese. I detriti del secondo stadio del "Lunga Marcia 5B" sono rientrati nell'atmosfera all'alba, su un punto dell'Oceano Indiano a poca distanza dalle isole Maldive, poco dopo le 4 del mattino ora italiana. Rientrano gli allarmi degli esperti.
Nei giorni scorsi gli esperti avevano infatti calcolato come area di arrivo del razzo quella del Mediterraneo orientale (inizialmente avevano indicato il Nord Atlantico) e per questo alcune regioni italiane, compreso l'Abruzzo, erano state messe in pre-allarme. Ma già dalle informazioni diffuse nella serata di ieri la traiettoria del razzo aveva fatto capire che lo schianto sarebbe avvenuto altrove. Così come previsto dall'agenzia europea Eusst, che già venerdì aveva avvertito che i detriti del razzo sarebbero caduti in una regione della Terra coperta per la maggior parte dall'oceano o comunque in un'area disabitata. Il razzo cinese in una delle sue ultime orbite ha salutato l'Italia, sorvolando la Sardegna e la Calabria senza alcun rischio, per spostarsi verso Est. Il rientro è avvenuto entro i limiti della finestra temporale prevista, che andava dalle 3,11 alle 5,11 italiane.
Il 29 aprile scorso la Cina ha portato in orbita il modulo principale della sua nuova stazione spaziale, il più grande razzo mai costruito dalla Cina (30 metri di lunghezza), che però ha esaurito tutto il suo propellente e non è quindi stato possibile gestire un rientro controllato sulla Terra. Di conseguenza, portata a termine la sua missione, lo stadio del lanciatore ha cominciato la sua caduta. Il cilindro da 20 tonnellate, lungo più di 30 metri e dal diametro di 5, ha cominciato a scendere ruotando velocemente su se stesso: una situazione che non permette mai di poter calcolare il rientro in modo preciso, ma solo con un margine di incertezza su tempo e luogo del rientro che all'inizio è davvero molto ampio e che progressivamente si riduce. Radar e sensori in tutto il mondo permettono di seguire progressivamente le orbite e di raffinare i calcoli. I dati sono raccolti e utilizzati da organizzazioni come il Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America (Norad) e il consorzio europeo per la sorveglianza spaziale Eusst (EU Space Surveillance and Tracking), del quale fa parte l'Agenzia Spaziale Europea (Esa) e al quale l'Italia partecipa con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e il centro (Isoc Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center) dell'Aeronautica Militare a Pratica di Mare. Una volta elaborati, i dati vengono trasmessi alla Protezione Civile. Sulla base di questi dati, a ridosso della chiusura della finestra temporale prevista per il rientro, il Dipartimento della Protezione Civile ha potuto escludere la caduta di frammenti su tutto il territorio italiano, in accodo con l'Asi e gli altri partecipanti al tavolo tecnico istituito per seguire il rientro incontrollato del detrito spaziale.