La Cassazione: fine dei mantenimenti facili
Per i supremi giudici non si dovrà più tenere conto del tenore di vita precedente. Chi ha un lavoro, una casa o altri redditi dovrà accontentarsi di cifre minime
PESCARA. Un giorno dopo la sentenza della Cassazione che ha tagliato di netto gli assegni di mantenimento delle coppie separate e divorziate, nelle famiglie in via di separazione o già separate, e negli studi degli avvocati (in Abruzzo ogni anno sono quasi 2mila le separazioni) si fanno i conti sugli effetti pratici. Quello che si può dire subito è che divorziare non è più conveniente. Perché la Cassazione ha detto che il «tenore di vita» goduto durante il matrimonio non può essere un parametro perenne e l'ex coniuge non è più tenuto ad assicurarlo all'ex moglie o marito. Il nuovo paramento deve essere quello della "spettanza", basato sulla valutazione dell'indipendenza o dell'autosufficienza economica dell'ex coniuge che chiede l'aiuto del partner. Dunque il matrimonio non è più la «sistemazione definitiva» per la vita: sposarsi, hanno scritto i supremi giudici nella sentenza 11504, è un «atto di libertà e autoresponsabilità» e se le cose vanno male si torna ad essere «persone singole», senza rendite di posizione. Anche perché dover versare un assegno «può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia». E questo in violazione del diritto a rifarsi una vita riconosciuto dalla Corte di Strasburgo e dalla Carta fondante dell'Unione Europea.
Il caso che ha generato questo sommovimento del diritto di famiglia, è quello del divorzio nel 2013 tra un brillante ex ministro e una affascinante imprenditrice sposati dal 1993 (vedi articolo in basso). Per Gian Ettore Gassani, avvocato matrimonialista, «si tratta di un terremoto giurisprudenziale in linea con gli orientamenti degli altri Paesi europei». E l'avvocato Silvia Veronesi ha commentato: «Finalmente si compie quel processo, che era già in atto, di adeguamento della legge a una concezione paritaria tra marito e moglie e che in Italia è sempre un po' stato frenato da una corrente più conservatrice che preservava i ruoli tradizionali di uomo e donna anche per via di una ben radicata cultura cattolica». Ma che succede a chi ha in corso una causa? «Chi ha pendente un procedimento di divorzio può chiedere al giudice di tener presenti questi nuovi criteri, ma nel nostro ordinamento il giudice non è vincolato da una precedente decisione. Quindi bisogna vedere i nostri giudici di merito come interpreteranno questa sentenza e come l'applicheranno concretamente per il caso specifico», ha spiegato l'avvocato matrimonialista Pompilia Rossi commentando al Tg5 la sentenza della Cassazione. E comunque, ha aggiunto, «bisognerà d'ora in poi considerare la sentenza di divorzio come la sentenza che interrompe qualunque tipo di rapporto tra i coniugi, anche di ordine patrimoniale. Questo la Cassazione lo dice chiaramente».
L'assegno comunque non sparisce, ma la Cassazione precisa alcuni indici «per accertare» la sussistenza, o meno, «dell'indipendenza economica» dell'ex coniuge richiedente l'assegno e quindi l'adeguatezza, o meno, dei «mezzi», nonché la possibilità, o meno, «per ragioni oggettive, di procurarseli. Gli indici sono quattro: 1) il possesso di redditi di qualsiasi specie; 2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari; 3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro indipendente o autonomo; 4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione. È su questi indici che il giudice si baserà per calcolare l'assegno. Forse per le persone normali e di poche risorse cambierà poco. Ma è certo che d'ora in poi il "matrimonio all'italiana" non sarà più quello di una volta.
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