Liberateci dall’estate degli “eventi”
A dare retta a Vincenzo Cardarelli l’estate è la «stagione dei densi climi dei grandi mattini dell’albe senza rumore». Ma la stagione che inizia a scivolarci fra le dita è diventata, negli anni, qualcosa di radicalmente diverso dall’idillio vagheggiato dal poeta. L’estate è ormai soprattutto la stagione degli «eventi». È una parola abusata quella che popola i giorni e le notti di questa fuggevole stagione. Non c’è mostra di pittori della domenica o sfilata di miss che non porti con sé l’enfatica etichetta di «evento». Ad appiopparla anche a sagre del cacio e tornei di scopone sono gli organizzatori di appuntamenti che non avrebbero bisogno di fanfare lessicali per adempiere al loro compito: far passare in letizia qualche ora delle nostre vacanze. Ma non c’è verso: quasi nessuno riesce a resistere alla tentazione di chiamare «evento» ciò che, fino a pochi anni fa, si meritava il più mite e acconcio nome di serata o manifestazione. È come se un timore si fosse impossessato di chi organizza feste di santi patroni e sbicchierate, la paura di non riuscire a essere abbastanza autorevoli. Quando, invece, il senso del divertimento d’estate consiste nell’opposto, nell’abbandonarci alla grazia del puro divertimento, del mero svago, liberi finalmente di evadere dalle mura dell’impegno che, per il resto dell’anno, ci tengono inutilmente prigionieri.
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