Pesca in crisi profonda: con il Covid perse 4 barche su 10, a tavola aumenta il surgelato

13 Aprile 2021

L'indagine di Coldiretti: con la pandemia crack da 500 milioni di euro tra prodotti invenduti, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti

PESCARA. Gli effetti combinati dell'emergenza Covid, della burocrazia, dei cambiamenti climatici e delle importazioni selvagge di pesce straniero si abbattono come un macigno sul settore della pesca che, in base a un'indagine della Coldiretti, negli ultimi anni ha detto addio a 4 imbarcazioni su 10. 

L'allarme è stato lanciato in occasione della giornata del mare che si celebra per valorizzare l’oro blu come risorsa culturale, scientifica, ricreativa ed economica. In base a un'analisi della Coldiretti Impresapesca, è venuto fuori che la flotta italiana negli ultimi 35 anni ha perso quasi il 40% delle imbarcazioni con un impatto devastante sull'economia e sull'occupazione. Il numero dei pescherecci, in particolare, si è ridotto ad appena 12mila unità "mettendo a rischio il futuro del comparto - denuncia Coldiretti - ma anche la salute dei cittadini poiché con la riduzione delle attività di pesca viene meno anche la possibilità di portare in tavola pesce made in Italy, favorendo gli arrivi dall’estero di prodotti ittici che non hanno le stesse garanzie di sicurezza di quelli tricolori".

Con la pandemia gli acquisti di pesce da parte della ristorazione sono crollati di oltre il 30%. Il risultato, si legge nella ricerca della Coldiretti, è un crack da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni, con i pescatori che hanno continuato a uscire in mare per assicurare le forniture di pesce fresco ai consumatori. Il calo non è stato compensato dall’aumento degli acquisti domestici, la cui crescita si è assestata al 6,7% (analisi Coldiretti su dati Ismea relativi all’anno 2020). Ad essere premiati sono stati soprattutto i consumi di prodotto surgelato, cresciuti del 17,6% rispetto al +2,3% del pesce fresco, inferiore anche rispetto alle conserve (in salita del 5,8%) e a quelli essiccati o affumicati (guadagnano un +11,1%). Ma proprio il prodotto surgelato è quello che dà minori garanzie, poiché come rilevano gli esperti in 9 casi su 10 arriva dall’estero. Il consumo pro capite degli italiani è di circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea "ma decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile - specifica l'analisi della Coldiretti - come ad esempio il Portogallo, dove se ne mangiano quasi 60 kg, praticamente il doppio".
 
Alle difficoltà economiche aggravate dalla pandemia si aggiungono quelle legate alla drastica riduzione dell’attività di pesca, imposte dalla dalle normative europee e nazionali. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta a poco meno di 140 di media all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca per una buona fetta della flotta nazionale considerata anche l’assenza di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni. "Ma a pesare è anche l’impatto dei cambiamenti climatici – rileva Coldiretti – che ha profondamente mutato la disponibilità di pescato. Sono apparse nuove specie non comuni nel Mediterraneo e stanno diventando rare specie fino a ieri comuni nei nostri mari.  Pesci, come ad esempio le alacce o la lampuga, sino a qualche anno fa scarsamente presenti a certe latitudini, sono oggi diffusamente presenti nelle acque del centro-nord Adriatico e del Tirreno, mentre sono andate in sofferenza specie tradizionali come le sardine o le alici, messe in crisi dall’innalzamento delle temperature".