Quei Nobel che scrutano l’infinito

9 Ottobre 2019

Il cosmologo James Peebles e i planetologi Michel Mayor e Didier Queloz sono stati premiati, l’altro ieri, con il Nobel per la Fisica per le loro scoperte relative alla radiazione cosmologica di fondo e ai primi pianeti esterni al sistema solare. Scoperte, spiegano quelli che si occupano di queste materie, che hanno cambiato la nostra immagine dell’universo. Il Nobel è stato assegnato per «la nuova comprensione della struttura e della storia dell’universo e la prima scoperta di un pianeta in orbita attorno a una stella di tipo solare al di fuori del nostro sistema solare. Le scoperte», spiega il comitato organizzatore del Premio, «hanno cambiato per sempre le nostre concezioni del mondo». Il solo fatto che qualcuno si metta a caccia di pianeti spersi nel buio senza fine stupisce chi di queste cose sa poco o nulla. Riflettere sull’universo fisico ci appare però simile a indagare quell’altro infinito che sta dentro di noi. I planetologi e i fisici che scrutano con potentissime lenti i confini dell’universo sono contemporanei spirituali di quel tornitore di lenti di occhiali chiamato Baruch Spinoza che, quattro secoli fa, nella sua bottega di Amsterdam, cercava di rintracciare e dare un nome alle leggi che regolano la vita etica. E perlustrava quell’abisso con la stessa geometrica precisione di chi, oggi, rivolge fuori di sé il suo avventuroso sguardo.
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