Quelle lettere d’amore e di addio alla vita
È la polvere in cui ci capita di cadere più che le luci che illuminano i nostri fragili «giorni del vino e delle rose» a raccontare chi siamo per davvero. Nel teatro come nella vita, sono le uscite...
È la polvere in cui ci capita di cadere più che le luci che illuminano i nostri fragili «giorni del vino e delle rose» a raccontare chi siamo per davvero. Nel teatro come nella vita, sono le uscite di scena a rivelare il miscuglio di sentimento e ragione con cui siamo impastati e a commuoverci, frenando la tentazione di aggiungere parole a parole che hanno il crisma della definitività. È il caso di John Robert, un uomo di 32 anni che, nei giorni scorsi, è morto per il coronavirus in un ospedale di Danbury nel Connecticut in America. Il suo cellulare conservava una lettera di addio. Le parole, rivolte alla moglie Katiel, sono queste: «Vi amo con tutto il mio cuore, Mi hai donato la vita migliore che potessi desiderare. Sono così fortunato e così orgoglioso di essere tuo marito e il padre di Braedyn e Penny. Sei la persona più bella e premurosa che abbia mai conosciuto. Continua a vivere la tua vita con la stessa felicità e la stessa passione che mi hanno fatto innamorare di te. Vederti diventare la migliore mamma del mondo per i nostri figli è stata la cosa più forte che io abbia vissuto». «Adesso ho questa lettera», ha detto Katiel, «e potrò mostrarla ai nostri figli. Dirò loro: vostro padre stava combattendo per rimanere in vita, ma voleva farvi sapere che vi amava tanto».
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