Rimane il “mistero Abramovich”
Tra veleni e sospetti, l’oligarca riappare ai colloqui di pace in ruolo non ufficiale
ROMA. Oligarca e mediatore, forse avvelenato, certamente molto influente sia per la Russia di Putin che l'Ucraina di Zelensky. Tra sospetti e segreti Roman Abramovich riappare a Istanbul in un ruolo non ufficiale ma ben visibile nei colloqui di pace.
Finito nel mirino delle sanzioni europee ma non di quelle americane né tantomeno di quelle turche, il miliardario ebreo (come Zelensky), sembra essere sempre più al centro della scena negoziale. Lo conferma anche un colloquio privato avuto con Erdogan prima dell'inizio degli incontri. Ormai è certo che sia Mosca che Kiev almeno su un aspetto siano perfettamente d'accordo: proteggere Abramovich, perché il suo ruolo serve a entrambi i governi. E chissà che il miliardario non possa giocare anche un ruolo futuro nella Russia post-bellica.
Resta comunque la nebbia sul presunto avvelenamento «light», confermato dall'entourage dell'oligarca ma smentito sia da Kiev che da Mosca. Gli analisti non riescono a decifrare quale sia il suo attuale grado di influenza su Putin. Zelensky invece si sarebbe speso affinché gli Usa non applicassero sanzioni nei suoi confronti.
Una fotografia diffusa dall'agenzia di stampa russa Ria Novosti mostra Abramovich in piedi accanto a Erdogan e al ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, mentre parla con una terza persona all'interno della sala dove sono in corso i negoziati.
Quel che è certo è che Abramovich sta prendendo parte ai negoziati con l'approvazione di entrambi, anche se tutti si affrettano a sottolineare che non è un membro ufficiale della delegazione russa né di quella ucraina.
Non si placano intanto le polemiche sull'avvelenamento di Abramovich. «Consiglio a chiunque si trovi a negoziare con la Federazione russa di non mangiare o bere e preferibilmente evitare di toccare qualunque superficie», ha avvertito il ministro ucraino Dmytro Kuleba. La Russia smentisce: le informazioni su un presunto avvelenamento «non sono vere, è disinformazione», ha avvertito il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.