"Semaforo dei terremoti" prevede intensità delle repliche

9 Ottobre 2019

Pubblicati sulla rivista Nature i risultati di una ricerca su un modello di analisi che indica se le scosse saranno più forti della principale

ROMA. Capire se un terremoto è l'annuncio di un evento ancora più violento, o se è già la scossa principale, e sarà quindi seguito da movimenti di intensità minore: a oggi, riuscire a prevedere tutto questo è impossibile, ma le cose potrebbero cambiare, grazie a una sorta di "semaforo" che ricorda quello finora utilizzato per le allerta sui vulcani o quello dei pronto soccorso. La proposta, davvero ricca di promesse, arriva da una ricerca pubblicata sulla rivista Nature e condotta da Laura Gulia e Stefan Wiemer, entrambi del Servizio sismologico svizzero del politecnico di Zurigo. Le analisi che hanno portato a elaborare la tecnica si sono basate in gran parte sulle sequenze sismiche del 2016 in Italia, ad Amatrice-Norcia, e in Giappone, a Kumamoto. Il punto di partenza dei ricercatori è stata l'analisi dei dati sui terremoti avvenuti in passato, alla luce del cosiddetto B value, ossia il valore che indica il rapporto tra il numero di terremoti grandi e piccoli in una sequenza sismica. «Abbiamo analizzato le sequenze mondiali disponibili» ha detto Gulia all'Ansa «e scoperto che, dopo il terremoto di magnitudo massima, questo valore cambia, in particolare, aumenta. Questa proprietà, comune a tutte le sequenze analizzate, è alla base del modello di previsione che abbiamo elaborato: quando, dopo un evento di magnitudo superiore a 6, il B value non aumenta, ma resta costante o addirittura diminuisce, un evento di magnitudo superiore deve ancora accadere». Applicando il modello alla sequenza di Amatrice-Norcia del 2016, il "semaforo dei terremoti" avrebbe dato un'allerta rossa dopo il 24 agosto (indicando così che l'evento di magnitudo maggiore doveva ancora avvenire) e un'allerta verde dopo il 30 ottobre, poiché la scossa di Norcia veniva classificata come l'evento principale della sequenza. «Se confermata, questa ricerca porterà a una svolta importante», ha rilevato il presidente dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Carlo Doglioni, commentando lo studio. «L'analisi» ha aggiunto «potrebbe permettere di dire se il terremoto avviene prima o dopo la scossa principale». Per rendere operativo questo strumento, c'è ancora del lavoro da fare. La stessa Laura Gulia osserva che «naturalmente occorrerà continuare a testare il modello, che richiede una rete sismica ad alta densità per avere a disposizione dati omogenei e continui in un ampio range di magnitudo. Al momento» chiosa Gulia «sono poche le aree della Terra con queste caratteristiche».