Mazzini morente, dipinto di Silvestro Lega conservato nella Rhode Island school of design museum of art di Providence negli Usa

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10 marzo

Oggi, ma nel 1872, a Pisa, avvolto nella coperta che era stata del patriota Carlo Cattaneo, moriva Giuseppe Mazzini, considerato l'ideologo del Risorgimento italiano. Genovese, classe 1805, costretto di nuovo all'esilio, dopo l'arresto del 14 agosto 1868, avvenuto a Palermo, il quarto della sua vita, era riuscito a rientrare nel Belpaese, da Lugano, in Svizzera, dove si era rifugiato per scampare alle due condanne a morte che pendevano sulla sua testa - una inflitta dal tribunale di Genova per i moti del 1857 e l'altra dal tribunale di Parigi per complicità nell'attentato di Felice Orsini contro Napoleone III - sotto il falso nome di Giorgio Brown, il 7 febbraio precedente.

Malato, aveva trascorso il suo ultimo periodo nascosto nell'abitazione di Pellegrino Rosselli, e se non fosse sopraggiunto il decesso le autorità lo avrebbero arrestato nuovamente a stretto giro di tempo. La notizia della dipartita terrena commuoveva non solo quella fetta d'Italia che in lui aveva riposto fiducia, ma persino la nutrita schiera dei detrattori. Dopo i funerali, il 14 marzo successivo, sempre nella città toscana dove aveva esalato l'ultimo respiro (nella foto, particolare del controverso dipinto di Silvestro Lega, Mazzini morente, olio su tela, di 76,5 x 100,3 centimetri, del 1873, conservato nella Rhode Island school of design museum of art, di Providence, a Rhode Island, negli States), il corpo verrà imbalsamato da Paolo Gorini, da Lodi, su disposizione di Agostino Bertani, per consentire la conservazione della salma.

Il fatto che Mazzini avesse trascorso gli ultimi giorni della sua tormentosa vita da un amico fidato, anziché dalla sorella Antonietta, nella sua Genova, diverrà oggetto di vivaci discussioni. Secondo la versione più accreditata Antonietta, vedova Massuccone, che versava in agiate condizioni finanziarie, aveva ricevuto la missiva del fratello che la pregava di accoglierlo in casa al civico 1 di Vico Notari. Ma la sorella, che aveva 76 anni, era stata turbata dalla richiesta.

Essendo divenuta schiava di una vera mania religiosa, si era rivolta ai suoi due confessori, il priore della storica chiesa di Nostra Signora del Carmine e Sant'Agnese, Gerolamo Campanella, e il padre gesuita Luigi Persoglio, vero punto di riferimento della spiritualità della città della lanterna. Ma i due religiosi le fecero capire chiaramente che non avrebbe dovuto ricevere l'apostolo del Risorgimento tricolore, da loro giudicato anima del Demonio, per varie ragioni, non ultima delle quali l'essere stato scomunicato. Accoglierlo nell'abitazione genovese avrebbe attirato anche su di lei i fulmini della vendetta divina, salvo che egli non si fosse convertito, facendo pubblica ammenda dei suoi peccati e rinnegando quanto scritto ed operato contro il papato, contro il clero, contro la chiesa cattolica. Conversione che Giuseppe Mazzini non era intenzionato a compiere perché non aveva alcuna idea di rinnegare né calpestare la sua fede e il suo passato.