TODAY
11 agosto
Oggi, ma nel 1998, a Cagliari, nel suo ufficio all'interno della sede della procura della Repubblica, al terzo piano del palazzo di giustizia, si suicidava sparandosi un colpo con la sua pistola, una Magnum 357, il giudice Luigi Lombardini (nella foto, dalla notizia d'apertura, in prima pagina, del quotidiano L'Unione sarda, del 12 agosto 1998), cagliaritano del 1935. Il gesto estremo si verificava dopo la notifica di perquisizione del suo studio e l'interrogatorio, durato sei ore, da parte dei magistrati di Palermo, Antonio Ingroia e Giovanni Di Leo, guidati da Giancarlo Caselli. A nulla erano valse le raccomandazioni di attenzione uscite dalla bocca del legale del giudice, l'avvocato Luigi Concas. Lombardini non aveva retto alle accuse. Era stato tacciato di aver estorto un miliardo di lire all'ingegner Tito Melis, padre di Silvia, sequestrata, a Tortolì, in provincia di Nuoro, e tenuta in ostaggio per 265 giorni, dal 19 febbraio all'11 novembre 1997, dall'anonima sarda, in varie località. La somma sarebbe servita per il pagamento del riscatto, necessario, a detta del giudice deceduto, alla liberazione dell'imprenditrice. Fino al 1989 Lombardini si era occupato per lo più di rapimenti di persona. Ma la sua credibilità era stata messa in discussione a causa di rapporti ritenuti non totalmente limpidi con alcuni banditi dell'isola, appartenenti alla cosiddetta zona grigia. Era stato sospettato di aver assoldato, in tal modo, quali emissari per i sequestri, alcuni fuorilegge che in cambio di forti sconti di pena avrebbero lavorato per lui. Aveva istituito un fondo per gestire quella che era stata chiamata "rete Lombardini": pensata per agevolare le trattative e il rapporto con gli informatori. In alcuni casi aveva favorito la costituzione dei latitanti, pagandoli. Per questo e per altri motivi correlati la sua politica di favoreggiamento per il pentitismo era stata oggetto di feroci polemiche a livello nazionale. Anche perché, come nel caso di Mamoiada, aveva innescato feroci faide tra i vari clan criminali e rivali insulari. La morte di Lombardini scatenerà infinite polemiche, anche per il risalto mediatico, nonché per la presunta persecuzione politica del giudice, ritenuto scomodo, proprio per il suo inconsueto modo di operare. Caselli ed Ingroia verranno criticati aspramente per il risultato finale del loro operato. Il 12 agosto '98, il procuratore generale di Cagliari, Francesco Pintus, affermerà, al giornalista Giuseppe Porcu di Repubblica: "Lombardini era un giudice che quando i suoi colleghi stavano comodamente seduti in poltrona girava la Sardegna a risolvere i sequestri di persona. È il magistrato al quale si sono consegnati 37 latitanti".