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12 MARZO

Oggi, ma nel 1945, a Venezia, nel teatro lirico Carlo Goldoni, durante l’occupazione nazifascista della città lagunare, mentre andava in scena la rappresentazione di “Vestire gli ignudi”, commedia di Luigi Pirandello del 1922, si verificava l’irruzione del gruppo partigiano guidato da Giuseppe Turcato, il comandante “Marco”, che beffava i gerarchi di Salò e le alte cariche hitleriane seduti nelle prime file.

L’azione, che rimarrà tra le più clamorose di quel contesto, nello scenario del secondo conflitto mondiale, introduceva il discorso pro liberazione dell’Italia con tanto di lancio di volantini sulla platea, inneggianti all’insurrezione marciana. Approfittando del colpo di scena meta-teatrale, quei componenti del movimento resistenziale intimavano agli uomini in orbace di non muoversi: poiché il teatro sarebbe rimasto circondato per mezz’ora. Era anche l’escamotage per coprirsi la via di fuga e raggiungere la barca che li attendeva nel Canal Grande.

Nel gruppo che partecipava all’azione c’erano, oltre al già menzionato Turcato, anche Giovanni Dinello, alias “Borel”, Renato De Faveri, “Oc”, Cesco Chinello e Franco Arcalli, “Kim” (nella foto, particolare, in formazione, l’1 maggio di quel 1945, in Riva degli Schiavoni), esponenti residui della brigata Garibaldi veneziana, “Francesco Biancotto”. Erano armati solo di alcune datate Beretta, di due vecchi fucili Mauser e di una pistola Nagant.

Lo spettacolo pirandelliano era portato in scena dalla compagnia Zareschi-Crisman, come replica. Più che altro la vera risorsa era l’effetto sorpresa in un luogo estremamente caro e iconico per la Serenissima.

Turcato, originario di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, classe 1913, importante studioso di livello nazionale dei romanzi di Emilio Salgari, era il commissario politico della brigata “Biancotto” e dopo la fine delle ostilità diverrà consigliere comunale nel salone di Cà Loredan, per il Partito comunista italiano, e sarà attivo fino al 1956, quando si ritirerà dall’agone politico.