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13 ottobre

Oggi, ma nel 1943, a Caiazzo, in provincia di Caserta, in località Monte Carmignano, nel giorno in cui il Belpaese dichiarava guerra all’ex alleato nazista, militari della terza compagnia del XXIX reggimento Panzergrenadier, posti in difesa della linea del fiume Volturno, uccidevano 22 civili, appartenenti a quattro famiglie. Venivano giustiziati secondo gli ordini del comandante Wolfgang Lehnighk-Emden.

Le vittime (nella foto, particolare, alcuni dei deceduti sotto il piombo nemico, immortalati poco prima della mattanza) si sommavano alle altre undici freddate il 2 ottobre precedente.

L’obiettivo era sempre il medesimo, fare terra bruciata durante la manovra di ritirata strategica, necessaria poiché le truppe alleate stavano oltrepassando il corso d’acqua. Tra i cadaveri vi erano anche donne e bambini.

Il fatto di sangue destava non poco scalpore tra la popolazione di quell’angolo della Campania, nonostante le ostilità avessero abituato gli inermi a rappresaglie e casi di malcapitati passati per le armi per futili motivi. Il 25 ottobre 1994, il tribunale di Santa Maria Capua Vetere condannerà Lehnighk Emden, insieme ad un altro ufficiale, allora sottoposto, Kurt Schuster, all’ergastolo, in contumacia, ma nessuno dei due colpevoli finirà in cella poiché non verrà concessa l’estradizione.

Nonostante il dibattito che la sentenza causerà, anche in Germania, e il riconoscimento dell’efferatezza del crimine da parte della giustizia teutonica, il reato rimarrà impunito.

Dal ’46 al ’94 gli atti inerenti l’inchiesta sulla strage rimarranno occultati nell’archivio di Palazzo Cesi Gaddi, in via degli Acquasparta, il cosiddetto “armadio della vergogna”, come verrà denominato dal giornalista Franco Giustolisi, del settimanale L’Espresso.