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14 ottobre
Oggi, ma nel 1966, a Torino, un infarto fulminante si portava via, a 47 anni, il cantante Ariodante “Dario” Dalla, memorabile interprete del brano “Qui sotto il cielo di Capri”, di Enzo Bonagura e Armando Fragna, nella pellicola di culto “I pompieri di Viggiù”, diretta da Mario Mattoli, con la partecipazione di Antonio De Curtis “Totò”, del 1949. Ariodante Dalla, bolognese di nascita ma torinese d’adozione, era lo zio del più noto Lucio Dalla, nonché fonte d’ ispirazione per l’autore di successi come “caruso”, “4 marzo 1943”, “Attenti al lupo” e “Nuvolari”.
Ariodante Dalla, noto per la sua eleganza durante le esibizioni e non solo, tanto da essere soprannominato il “Lord Brummel della canzone”, nell’ultima fase della sua discontinua carriera aveva aperto un negozio di abbigliamento nel capoluogo piemontese, in via Po, con la moglie Anna Schisa, anche per dedicarsi maggiormente al figlio, di 9 anni, Antonello. Aveva iniziato a proporre il proprio modo d’intonare grandi classici da giovanissimo, quando aveva 24 anni. E nel 1947 era approdato in Rai dopo aver passato la selezione di Radio Bologna, sulla spinta del direttore d’orchestra felsineo Walther Coli.
Tra i suoi cavalli di battaglia figuravano anche: “Perché lasciasti Napoli”, “Dormiveglia”, “Ti vorrei baciar”, “Sei venuta per me”, “Ritorneremo a Capri”, “Telefonate alla Questura” e soprattutto “Adieu”. Aveva inciso dischi per la prestigiosa etichetta Cetra, con sede proprio sotto la Mole, ed aveva lavorato con direttori d’orchestra di grande calibro quali Pippo Barzizza (nella foto, particolare, proprio insieme ad Ariodante Dalla, al pianoforte, nel 1948, nella già menzionata “Adieu”), Carlo Savina e Nello Segurini.
Nella fase più alta del suo percorso artistico, nel 1950, era stato tra i virtuosi dell’ugola più apprezzati nel Belpaese, insieme a pezzi da novanta come Nilla Pizzi, il duo composto da Dina e Delfina Fasano e Achille Togliani. Molto aveva influito nel suo percorso l’incontro con il maestro Cinico Angelini. Due giorni prima dell’attacco fatale aveva avuto un collasso. Il giorno del decesso il trasporto all’ospedale “Enrico Martini”, si rivelava inutile.