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15 settembre

Oggi, ma nel 1864, a Fontainebleau, in Francia, Costantino Nigra, ambasciatore del regno d’Italia a Parigi, coadiuvato da Gioacchino Napoleone Pepoli, rappresentante del Belpaese a Pietroburgo, ed Edouard Drouyn de Lhuys, ministro degli Esteri transalpino, stipulavano quella che passerà alla storia come Convenzione di settembre. Il trattato prevedeva, in estrema sintesi, il ritiro delle truppe d’oltralpe poste a presidio di Roma a protezione del pontefice Pio IX in cambio dell’impegno del sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II e del governo guidato da Marco Minghetti, esponente della Destra storica, a non invadere militarmente lo Stato pontificio e soprattutto a trasferire la Capitale da Torino a Firenze entro sei mesi.

Scartata l’ipotesi di spostare il fulcro amministrativo all’ombra del Vesuvio, il trasloco nella città gigliata avrebbe fornito la prova provata della rinuncia ad ottenere l’Urbe quale base del potere istituzionale. Poi la breccia di Porta Pia, del 20 settembre 1870, da parte dei soldati guidati dal generale Luigi Cadorna cambierà tutto. Intanto, tra le varie clausole, la presidenza del Consiglio dei ministri italica metteva nero su bianco il proprio convincimento a non manifestare risentimento verso la riorganizzazione dell’armata papale e acconsentiva a farsi carico di una fetta dei debiti gravanti sulle antiche province della Chiesa.

Lasciare il capoluogo piemontese per accomodarsi sulle sponde dell’Arno (nella foto, particolare, "Apertura della caccia a Roma", litografia satirica di “Mata”, ovvero il fiorentino Adolfo Matarelli, tratta dal quotidiano di Firenze “Il Lampione”, fondato da Carlo Lorenzini, “Collodi”, custodito nell’Archivio storico del comune di Parma, nel fondo del Risorgimento italiano) scatenerà la strage di Piazza San Carlo e Piazza Castello che comporterà 62 vittime e 138 feriti tra manifestanti e rappresentanti dei carabinieri reali, del 21 e 22 settembre successivo.