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3 dicembre

3 Dicembre 2024

Oggi, ma nel 1944, a Centallo di Cuneo, i fascisti dell’ufficio politico cittadino uccidevano il comandante partigiano Tancredi Galimberti, di 38 anni, che era stato catturato, in seguito a delazione, il 28 novembre precedente a Torino. Era stato interrogato e torturato il giorno precedente alla simulata scarica di piombo nel carcere cuneese delle brigate nere, in quella che sarà via IV novembre.

In realtà a far fuori “Duccio” erano state le sevizie, da parte di aguzzini che rimarranno anonimi, che però non avevano prodotto l’effetto riservato poiché la vittima non aveva rivelato alcuna informazione riservata. Era un penalista ed era figlio dell’ex ministro delle Poste e telegrafi nel governo presieduto da Giuseppe Zanardelli, dal quale aveva ereditato il nome -che era stato anche avvocato e senatore ininterrottamente dal 1887 fino alla dipartita terrena avvenuta l’1 agosto 1939, anche per il Partito nazionale fascista, nell’ultima legislatura- e della poetessa austriaca Alice Schanzer. Nel 1939 era entrato a far parte del gruppo di intellettuali anti regime capeggiato da Ada Gobetti, sempre nel capoluogo piemontese. Al 1942 risaliva la sua adesione al Partito d’azione.

Il 26 luglio 1943, in quella piazza che verrà intitolata a suo nome, a Cuneo, dal terrazzo del suo studio legale, aveva tenuto lo storico discorso volto a mobilitare la cittadinanza contro il nazifascismo (nella foto, particolare, al centro dell’immagine, con i baffi, proprio in quella occasione). L’11 settembre di quel 1943 era cominciata la sua esperienza da combattente della formazione Italia libera, alla Madonna del colletto, insieme a Dante Livio Bianco e Dino Giacosa. Verrà proclamato eroe nazionale dal Comitato di liberazione nazionale del Piemonte e sarà ritenuto il personaggio più importante della resistenza piemontese. Verrà insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria.