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2 aprile
Oggi, ma nel 1944, a Torino, in località Pian del Lot, i nazisti fucilavano 27 civili, per rappresaglia. Verrà ritenuta dagli studiosi la più sanguinosa ritorsione compiuta dai soldati germanici nel territorio torinese nel contesto del secondo conflitto mondiale.
L’azione era la risposta all’omicidio, avvenuto il 30 aprile precedente, sempre nel capoluogo piemontese, sul ponte Umberto I di Savoia, dell’addetto alle batterie Flugabwehr Kanone della difesa antiaerea, il caporale Walter Wohlfahrt, fatto fuori da un gappista torinese che non verrà identificato. Wohlfart prestava servizio proprio nella zona collinare dove avveniva l’esecuzione voluta dal tenente Alois Schmidt, capo della Sicherheitspolizei-Sicherheitsdienst, con sede del comando nell’Albergo nazionale di via Roma a Torino.
Le vittime venivano prelevate tra i detenuti del carcere Le Nuove. Erano state rastrellate, durante il precedente mese di marzo, in Val Pellice e in Val di Lanzo. Alcuni malcapitati, solo feriti dalla scarica di piombo, venivano sepolti vivi, secondo la testimonianza del partigiano prigioniero Giovanni Borca, detto “Oscar”, che quel 2 aprile 1944 era stato designato dai tedeschi quale addetto a scavare e a ricoprire le fosse comuni. I corpi verranno riesumati il 7 maggio 1945 (nella foto, particolare, la cerimonia, nello scatto tratto dal volume di Nicola Adduci, “Pian del Lot, 2 aprile 1944. Storia e memoria di una strage, pubblicato, in nuova edizione, dal Consiglio regionale del Piemonte e dall’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”, nel 2008), dopo la fine della guerra.
Tra i caduti, 4 non venivano riconosciuti, mentre tra i 23 con un’identità figuravano: Matteo Besso, Bruno Natale, Olao Capatti, Aldo Antonio Capatti, Luciano Castagno, Antonio Cumiano, Giuseppe Cumiano, Michele Cumiano, Antonio Ferrarese, Matteo Fornero, Mario Bavoso, Aldo Gagnor, Carlo Gianotti, Sergio Maina, Quirino Mascia, Bruno Negrini, Remo Pagano, Luigi Parussa, Carlo Perotti, Andrea Piola, Walter Rossi, Ugo Amedeo Salvitto, Ernesto Speranza. Il 6 aprile 1950, a Napoli, Schmidt verrà condannato a 8 anni di reclusione, ma verrà rimesso in libertà sul finire dello stesso anno e riuscirà a tornare nella sua natia Austria e a far perdere le sue tracce.
Il 22 luglio 2020 scoppierà la polemica, mediatica e non solo, per la vendita, con previsione di realizzare un agriturismo privato nella cascina Raby, da parte della Regione Piemonte e della Città della Salute, di porzione del terreno ospitante il sacrario dedicato alla memoria degli ammazzati dalle camicie nere collegate alla Repubblica sociale italiana di Salò di quel 2 aprile 1944.