20 gennaio
Oggi, ma nel 1893, a Caltavuturo, in provincia di Palermo, in via Vittorio Emanuele II, nel giorno della celebrazione della festa di San Sebastiano, esponenti del regio esercito e dei carabinieri reali uccidevano, a colpi di fucile esplosi ad altezza d’uomo, 13 manifestanti nel tentativo di disperdere la protesta dei fasci siciliani che era partita con l’occupazione di 250 ettari di terreno comunale incolti, posti in contrada Sangiovannello e controllati dal primo cittadino chiamato “Giuffrè”, da parte di 500 lavoratori dei campi, tra contadini e braccianti, in stato di difficoltà di sostentamento per la cronica mancanza di lavoro.
L’adunata di cittadini che si sentivano presi per i fondelli dall’amministrazione municipale era stata capillarmente organizzata il giorno precedente, col passaparola casa per casa che si era concluso solo quando già era ora di andare a dormire. Il movimento popolare, d’ispirazione socialista, armato di zappe e vanghe, destinato a finire anche nei libri di storia da studiare nelle scuole, non era ben visto dai latifondisti e dai gabellotti mafiosi che avevano prontamente richiesto l’intervento armato dello Stato, coordinato dal tenente da tutti appellato “Guttalà”, comandante del presidio militare locale. Come riporterà Dino Paternostro nell’articolo intitolato “L’eccidio di San Sebastiano”, sul quotidiano “La Sicilia”, di domenica 8 febbraio 2009.
Oltre alle vittime - per la precisione otto decedevano contestualmente e altre cinque nei giorni successivi a causa delle lesioni riportate nella sparatoria - si contavano anche 25 feriti. I morti (nella foto, particolare, la rappresentazione della pioggia di piombo causata dai militi contro la povera gente nella tavola dipinta ad olio, nel 1955, da Onofrio e Domenico “Minico” Ducato di Bagheria, artisti di spicco della tradizione della pittura dei carretti siciliani) erano: Giovanni Ariano, di 28 anni; Giuseppe Bonanno, anche lui di 28; Pasquale Cirrito, di 17, che era il più giovane dei caduti; Calogero Di Stefano, di 22; Liborio Frisa, di 38; Vincenzo Guarnieri, di 18; Mariano Cuggino, di 45; Nicolò Ianné, di 60; Francesco Inglese, di 68, che era il più anziano dei malcapitati; Giuseppe Modaro, di 34; Giuseppe Renna, di 30. Il fatto di sangue destava enorme scalpore e avrà grandi ripercussioni politiche a livello nazionale.
Anche grazie all’impegno dei referenti di zona dei repubblicani e del partito col simbolo del garofano come Rosario Garibaldi Bosco, Bernardino Verro e Nicola Barbato. Ma anche per il contributo che darà, a Roma, il deputato Napoleone Colajanni, originario di Castrogiovanni, futura Enna, che due anni dopo sarà il promotore della fondazione del Pri.