22 novembre

22 Novembre 2024

Oggi, ma nel 1973, a Roma, il governo guidato per la quarta volta da Mariano Rumor, su indicazione del ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani, scioglieva il movimento politico extraparlamentare di estrema destra Ordine nuovo, dopo la condanna, del giorno precedente, da parte della prima sezione penale del tribunale capitolino, di 30 esponenti di spicco dell’organizzazione col simbolo dell’ascia bipenne. Il provvedimento governativo (nella foto, particolare, la notizia riportata sul quotidiano comunista “L’Unità”, nell’edizione del 23 novembre di quel 1973) veniva preso dopo aver sentito il parere del Consiglio dei ministri e basandosi sul secondo comma dell’articolo 77 della Costituzione.

Per la prima volta nel Belpaese veniva applicata la legge 20 giugno 1952 numero 645, quella conosciuta per il suo proponente Mario Scelba, in particolare l’articolo 3, contro la ricostituzione del disciolto Partito fascista. I seguaci, di contrappunto, rispondevano sostenendo che non si potesse sciogliere un’idea. L’iniziativa governativa comportava, per analogia, la possibilità di agire radicalmente anche nei confronti di Avanguardia nazionale. Altra realtà neofascista, fondata il 25 aprile 1960, che verrà sciolta, il 7 giugno 1976, da Adriano Tilgher, il giorno precedente alla messa fuorilegge, durante il quinto esecutivo capeggiato da Aldo Moro, con Francesco Cossiga alla testa del Viminale.

L’iter giudiziario contro gli ordinovisti era cominciato il 6 giugno 1973, con Vittorio Occorsio quale pubblico ministero. Aveva portato alla sentenza di primo grado che stabiliva la pena di 5 anni e 3 mesi di reclusione per Clemente Graziani, al vertice di ON. Quest’ultimo, insieme al suo vice Elio Massagrande, fuggirà ad Atene, in Grecia, per non finire dietro le sbarre. Occorsio, invece, verrà ammazzato, il 10 luglio ’76, nell’Urbe, per mano di Pierluigi Concutelli, altro storico militante del movimento sorto come erede del centro studi istituito nel 1956 da Pino Rauti.