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8 luglio

Oggi, ma nel 1944, ad Ozegna, in provincia di Torino, in piazza Umberto I, il capo partigiano Piero Urati, nome di battaglia “Piero Piero”, alla testa di 20 uomini della divisione resistenziale “Giorgio D’Avito”, di Valprato Soana, tendeva l’imboscata e uccideva, a colpi di pistola, il capitano di corvetta Umberto Bardelli, comandante del battaglione di fanteria di Marina Barbarigo, della divisione Xª Flottiglia Mas. Quest’ultima era afferente, benché con ampio margine di autonomia, alla Marina da guerra della Repubblica sociale italiana.

Bardelli, di Livorno, di 36 anni, già maggiore del Genio navale della regia Marina militare prima dell’8 settembre 1943, sommergibilista, era stato inizialmente disarmato della Walter P38 d’ordinanza e circondato dagli uomini di Urati, originario di Motta di Monselice, nel padovano, di 22 anni, ex fante posto a guardia dei confini con la Francia. Bardelli e Urati dovevano trattare lo scambio di prigionieri. Lo svolgimento dell’animata conversazione tra il primo, che era scortato da 80 militari appartenenti anche al battaglione Sagittario, e il secondo, in netta inferiorità numerica, così come il reale susseguirsi del conflitto a fuoco, rimarrà controverso e avrà varie interpretazioni.

Presumibilmente Urati avrebbe intimato la resa delle armi a Bardelli che, verosimilmente, avrebbe risposto con la frase destinata ad entrare nell’aura di misticismo che avvolgerà il personaggio: «Barbarigo non si arrende. Nessuno di voi sarà morto finché non moriremo tutti. Fuoco!». Il Barbarigo, con Bardelli alla guida, si era particolarmente impegnato ad Anzio e a Nettuno, del 22 gennaio-26 maggio 1944, al fianco dei nazisti, nel tentare d’impedire lo sbarco degli anglo americani. Nella sparatoria dell’8 luglio di quel ’44 venivano freddati anche altri dieci marò. I loro cadaveri, cosi come quello di Bardelli, verranno sfregiati, derubati, sporcati con lo sterco e recuperati con le bocche riempite di terra.

Nello scontro a fuoco perivano pure tre esponenti del Comitato di liberazione nazionale. Il principe “nero” Junio Valerio Borghese (nella foto, particolare, proprio con Bardelli, ad Anzio), massima autorità della Xª Mas, vieterà la rappresaglia mettendo al riparo i civili. La medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la quale la Rsi mussoliniana onorerà Bardelli non sarà riconosciuta nell’Italia repubblicana. A Urati, invece, dopo essere uscito indenne dal processo a suo carico, che si terrà proprio per la mattanza di Ozegna da lui orchestrata, gli verrà conferito, il 27 ottobre 1950, il riconoscimento del metallo più pregiato al valor militare, onorificenza che verrà invalidata dalla mancata pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.