TURNO DI NOTTE
L'attesa di Maspes nell'Italia di sempre
Antonio Maspes era capace di restare in bilico sui pedali della sua bicicletta anche per mezz’ora. Lo faceva non per sfizio ma perché era uno di quegli eroi del ciclismo su pista che, negli anni ’50 e ’60, incantavano il pubblico. Si chiamava surplace quel restare immobile in sella in attesa che il ciclista rivale nella sfida della gara di velocità mollasse la seconda posizione e passasse davanti. Spiegava così questa sua tattica, Antonio Maspes: «Io preferisco sempre partire da dietro. Ma quando si è davanti, il surplace è un calvario. Un rito sacrificale. Io ho imparato a percepire ogni vibrazione di chi mi sta dietro».
Partire da secondo nello sprint per arrivare primo sul traguardo era una fissazione di Maspes.
Ma, a ben vedere, quella paradossale scelta è una metafora dell’Italia, quella di ieri come quella di oggi che si appresta a uscire dalla quarantena. Ci piace correre nella scia di chi ci precede sperando di divorare, negli ultimi metri, la distanza che frapponiamo fra noi e gli altri. Non è facile vivere così, da italiani, complicandoci la vita con le nostre stesse mani. Ma forse è l’unico modo che conosciamo di stare al mondo. Così, partendo da dietro e sperando di lasciarci alle spalle gli altri. Ancora una volta, contro ogni pronostico. Come Antonio Maspes.
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