Le vite stravolte dal virus di chi si ama da lontano
L’appuntamento è per le 8.30 davanti all’edicola. Tutte le mattine. Lei arriva con quei due, tre minuti di ritardo. Non di più. Impossibile ritardare, scuse per ciondolare in giro non ce ne sono più. Lui la sente arrivare, riconosce il passo svelto, il suono dei tacchi sull’asfalto, ma non si gira perché per un attimo ha gli occhi lucidi e avrebbe voglia di toccarla. Ma non può. Non può, nemmeno con quei guanti di lattice monouso che indossa per prendere i giornali. Non può nemmeno avvicinarsi, così la guarda da quel metro e poco più imposto da tutte le ordinanze del mondo. Mancano pure le parole, perché le parole mancano da troppo tempo. Come stai? E non è banale, in quelle due parole c’è tutto. Ti senti bene, ti manco, mi hai pensato? Sto bene. Male. Mi manchi, ti ho pensato. Ho preso il telefono in mano cinquanta volte, solo per vedere la foto del tuo profilo. Che bella che sei, anche con la mascherina. Poi due passi. Insieme. Distanti. Camminano affiancati per quel piccolo tratto in comune che porta verso casa, poi lui va di qua e lei di là. Si girano e s’intuiscono due baci nascosti, mimati dentro alla mascherina. Dieci minuti al giorno per nutrire un amore e cancellare tutti i brutti pensieri, le telefonate rubate, le parole sussurrate per pochi minuti su un balcone, in un bagno o mentre si butta la spazzatura. Dieci minuti spesi per strada, sforzandosi di non toccarsi, non sorridersi troppo, non far capire agli altri lo struggimento, quella voglia di prendersi per mano. Almeno la mano. Le regole sono pensate per chi non si conosce, ma gli amanti, quelli no, sconosciuti non sono. Amarsi da lontano, ora, è quasi insopportabile. Come vivere all’infinito quei lunghi giorni di festa trascorsi lontano l’un dall’altra, ma senza la festa e dentro un incubo. Stare dentro quei giorni lì, con i giorni che sembrano durare per sempre. Questo maledetto coronavirus ha stravolto la vita di tutti, ma la vita degli amanti un po’ di più.