TURNO DI NOTTE
Prigionieri di quattro mura (e della noia)
La casa ci sembra una prigione nei giorni del virus. Con il passare dei giorni le quattro mura del nostro appartamento più che una difesa da un pericolo esterno ci appaiono un ostacolo alla vita.
Lo spazio un tempo confortevole in cui ci muovevamo sembra restringersi intorno a noi come in un incubo di Poe, lasciandoci senza respiro. La primavera che scorgiamo attraverso le finestre suona come uno sberleffo crudele. Svaniscono, così, una dopo l’altra le migliori intenzioni annunciate all’alba della quarantena: leggerò libri, guarderò film, dormirò. Il solo pensiero di togliere tempo alla vita che scorre indisturbata lì fuori, per dedicarlo a questi propositi, ci appare uno spreco di energia.
E anche la letteratura in cui pensavamo di trovare conforto ha le armi spuntate in questa lotta contro la noia. Ci dà fastidio perfino la vanità che spinge Amleto a dire: «Io potrei vivere confinato in un guscio di noce, e tuttavia ritenermi signore d'uno spazio sconfinato».
È a scrittori meno grandi del Bardo che dovremmo forse chiedere più umani consigli. Come, per esempio, il De Maistre del “Viaggio intorno alla mia camera” che conclude così la sua claustrofobica odissea: «Mi hanno vietato una città, un punto; ma mi hanno lasciato l’universo intero».
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