Quel corpo senza vita che nessuno vuole

17 Luglio 2020

Il corpo senza vita di un migrante vaga da 15 giorni nel Mediterraneo, sorretto da un relitto di gommone, avvistato più volte dall'aereo della Ong Seabird, ma mai recuperato nonostante le segnalazioni. L’uomo potrebbe essere vittima di uno dei naufragi avvenuti tra il 29 e il 30 giugno davanti alla Libia, quando in diverse operazioni di soccorso furono salvate in più occasioni un'ottantina di persone, in particolare dalla Mare Jonio. Sono stati quattro gli avvistamenti di quel corpo e altrettanti i messaggi di allerta inviati da Seabird. Ma le guardie costiere li hanno ignorati. L’ultimo omaggio a un corpo senza più vita è uno dei riti più sacri della civiltà umana.

La sepoltura è uno degli aspetti, non il solo, di questo rito. Intorno a questo dovere ruota una delle tragedie più belle della letteratura greca, l’Antigone di Sofocle. La protagonista mette in gioco la sua vita per donare questo ultimo omaggio a Polinice, il fratello morto combattendo la tirannide della sua città, Tebe.

Le bare con i morti per Covid a Bergamo trasportate da camion militari verso il solitario approdo di un cimitero sono un’altra testimonianza, a noi più vicina, del dolore inferto dalla ferita dell’assenza di chi li amò in vita. Il corpo senza più nome né vita che vaga per il mare che è stato la culla della civiltà occidentale ci ricorda quell’oltraggio e ne rinfocola la pena.

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