É morto il generale Zocchi ideatore del Premio Prisco

Alto ufficiale dei carabinieri, conobbe l’avvocato milanese (dirigente dell’Inter) quando fu comandante della legione Lombardia nel periodo di “Mani pulite”

CHIETI. Dopo il congedo dall'Arma aveva dedicato la sua esistenza alla ricerca della lealtà, valore che volle premiare in memoria di un caro amico. E' il generale di corpo d'armata della riserva Corinto Zocchi, morto ieri a 79 anni per un male incurabile che lo perseguitava fin dal 2012. Originario di Guilmi, Zocchi ha legato il suo nome a una splendida carriera al servizio dello Stato e al premio intitolato a Giuseppe Prisco, da un decennio evento di punta del Maggio teatino. Al 1996 risaliva il suo ultimo incarico, presidente della Commissione di valutazione e avanzamento del Comando generale dell'arma dei carabinieri. Una vita intensa in divisa e in abiti civili, Zocchi ha incrociato gli incarichi militari con una ricca attività culturale. Come comandante provinciale dei carabinieri di Firenze strinse amicizia con lo storico e poi ministro della Repubblica Giovanni Spadolini. Tra le cariche di prestigio ricoperte da Zocchi si ricordano quelle di capo dell’ufficio pubbliche relazioni del Comando generale dei carabinieri e di comandante della X Brigata. A Milano fu comandante della Regione carabinieri Lombardia mentre magistrati e forze dell'ordine indagavano su tangenti e politica nell'ambito di Mani pulite. A quegli anni risale l'amicizia con l'avvocato Giuseppe "Peppino" Prisco, tra i più famosi penalisti meneghini e vice-presidente dell'Inter fin dal 1963. Subito dopo la scomparsa dell'avvocato, avvenuta nel 2001, Zocchi elaborò l'idea del Premio Prisco, dal 2003 andato in scena ogni anno al teatro Marrucino. Un evento che di edizione in edizione ha condotto nel capoluogo teatino, la città che il generale scelse come residenza dopo il congedo, campioni dello sport nazionale e cronisti selezionati per aver coniugato la conoscenza del calcio con la qualità giornalistica. Di Zocchi parla Stanislao Liberatore, il giornalista che il generale elesse fin dall'idea del premio a braccio destro nell'organizzazione del premio. «Con Corinto Zocchi», racconta commosso Liberatore, «perdiamo un campione di lealtà, un uomo d'altri tempi che smessa la divisa, ma soltanto nelle apparenze esteriori, aveva proseguito la sua missione di servitore dello Stato in altre forme ma con i medesimi valori». Liberatore svela un particolare degli ultimi giorni di vita del generale. «Ha preteso in punto di morte», annota, «la mia promessa solenne di portare avanti il premio esattamente come lui aveva fatto fino all'anno scorso. E con l'avvertenza di sempre, di tenere distante la politica e i politici dall'evento. Era il suo tributo ostinato al voler essere vicino a tutti, senza distinzione di colori e di partiti».

Francesco Blasi

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