CRIMINALITA'
Allarme "mafia nigeriana" in Abruzzo, per la Dia c'è una presenza importante
La relazione semestrrale della direzione investigativa sottolinea la crescita delle attività legate alla tratta di esseri umani connesse con lo sfruttamento della prostituzione e l'accattonaggio forzoso, sviluppo del narcotraffico gestito con albanesi
ROMA. L'Abruzzo è una delle regioni in cui è più presente la mafia nigeriana. In particolare il campanello d'allarme suona per quel che riguarda attività legate alla tratta di esseri umani connesse con lo sfruttamento della prostituzione e l'accattonaggio forzoso, con un progressivo sviluppo nel narcotraffico, gestito talvolta in collaborazione con gruppi criminali albanesi.
E' quanto emerge dalla Relazione semestrale della Dia (Direzione investigativa antimafia) con un focus sulla criminalità nigeriana, i cosiddetti secret cults, i cui tratti tipici sono l'organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento: un modus operandi che la Cassazione ha definito a tipica connotazione di «mafiosità».
Le organizzazioni criminali nigeriane sono attive in gran parte d'Italia, con presenze importanti a Palermo, Catania e Cagliari ma anche nel Lazio e appunto in Abruzzo.
Per la Dia, «appare oltremodo evidente come il contrasto alla criminalità nigeriana debba prevedere necessariamente una sua conoscenza ampia, allargata e condivisa tra le forze di polizia e la magistratura».
È invece impermeabile alle alleanze sul territorio a criminalità organizzata cinese, che si è dotata nel tempo di una strutturazione gerarchica incentrata principalmente su relazioni familiari e solidaristiche, chiusa e inaccessibile a «contaminazioni o collaborazioni esterne». Solo occasionalmente si rileva la realizzazione di accordi funzionali con organizzazioni italiane o la costituzione di piccole consorterie multietniche per la gestione della prostituzione, la commissione di reati finanziari e il traffico di rifiuti.