«Causarono il fallimento di Teateservizi»: in quattro vanno a processo

Rinvio a giudizio per Visini, Iezzi, Ruscetta e Festa. L’accusa: «Hanno generato il buco di tre milioni». Il Comune si costituisce parte civile e chiede un risarcimento di 5 milioni
CHIETI. Tutti rinviati a giudizio i quattro ex amministratori di Teateservizi, la società pubblica fallita il 21 febbraio del 2024. La decisione è arrivata al termine dell'udienza preliminare di ieri mattina. L'ex consigliere comunale Valerio Visini, presidente del consiglio d'amministrazione di Teateservizi dal 2010 al 2014 e poi amministratore unico dal 2014 al 2017, Luciano Iezzi, direttore dal 2008 al 2017, Basilio Ruscetta, componente del cda dal 2010 al 2014, e Carlo Festa, amministratore unico dal 2017 sino alle dimissioni del 2019, dovranno rispondere dell'accusa di aver provocato la bancarotta della società pubblica.
L'UDIENZA PRELIMINARE. Il processo partirà con l'udienza dibattimentale fissata per il prossimo 3 giugno. Nel corso dell'udienza preliminare, iniziata ieri mattina alle 11, il pubblico ministero Giuseppe Falasca ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli ex amministratori tranne che per Festa (difeso, come Iezzi, dall'avvocato Cristiano Sicari, mentre Ruscetta è difeso dagli avvocati Pierluigi Pennetta e Alessandra Nava, e Visini da Peppino Polidoro). Il giudice Maurizio Sacco ha comunque deciso per mandare a processo tutti quanti. Nel corso dell'udienza sono state rigettate tutte le eccezioni dei difensori ed è stata ammessa la costituzione di parte civile del Comune e della curatela fallimentare affidata a Guglielmo Flacco. L’amministrazione comunale, rappresentata dall’avvocato Italo Colaneri, ha presentato una richiesta danni di 5 milioni di euro. La curatela fallimentare, assistita dall'avvocato Diego Bracciale, ha presentato una richiesta danni per 2.900.000 euro.
IL BUCO DA 3 MILIONI. Secondo il sostituto procuratore Falasca, a mandare in default la società pubblica è stato un buco da quasi 3 milioni di euro che si è originato negli anni tra il 2010 e il 2016. I 3 milioni di euro, provento delle riscossioni dei tributi e dei gli altri servizi affidati dal Comune alla partecipata, sarebbero confluiti da un conto all'altro, sempre all'interno della stessa società, in modo che la somma potesse essere utilizzata per le diverse esigenze della partecipata, negli anni spesso in affanno, comprese le spese correnti. Questo spostamento di fondi, ha reso anche inattendibili di bilanci di esercizio.
LE ACCUSE. Gli ex amministratori, si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, «avendo per ragioni del loro ufficio e servizio disponibilità del denaro provento della riscossione dei tributi comunali per complessivi euro 2.939.000, conseguiti negli anni di esercizio dal 2010 al 2016 e riscossi per i servizi erogati al Comune di Chieti al lordo dell'aggio pari ad euro 172.393, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, se ne appropriavano, facendole confluire dal Conto riscossione, relativo alle entrate per il gettito dei tributi e servizi erogati dall'ente comunale, al Conto gestione, impiegando le somme per le spese correnti della società». Per questa ragione Falasca individua tra i diversi reati anche quello di peculato, sebbene l'appropriazione non sia a fini personali, ma sempre a favore della società. Secondo l'accusa, inoltre, «cagionavano o comunque concorrevano a cagionare il dissesto della società... falsando i dati contabili e rendendo inattendibili i bilanci di esercizio». E ancora: «Con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o comunque di arrecare danno ai creditori in particolare all’ente comunale controllante, tenevano le scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari».