Chieti, 25 medici del 118 in sciopero "Il nostro stipendio è il più basso d'Italia"
Si spostano in tutta la provincia per le emergenze, ma hanno lo stipendio ridotto del 30% rispetto ai colleghi. Malatesta: siamo al paradosso
CHIETI. Gestiscono ogni giorno i servizi di Emergenza sanitaria territoriale (Est) in convenzione in tutta la provincia teatina e contribuiscono ad evitare gli accessi impropri al pronto soccorso. Eppure la retribuzione netta mensile dei 25 medici del 118 è del 30 per cento più bassa di quella dei loro colleghi delle province di Pescara, Teramo e L’Aquila e non hanno a disposizione gli 800 euro mensili di indennità. Per questa ragione gli specialisti, a partire da oggi, sono in stato di agitazione «fino a quando non saranno ripristinate le regole operative e normative». Pur garantendo il rispetto dei servizi alla popolazione, infatti, hanno deciso di non accettare più i turni fuori sede e quella che definiscono «l’imposizione scorretta delle ferie», declinando «la disponibilità per l’assistenza sanitaria extra emergenza». «Siamo determinati», dice Goffredo Malatesta, delegato regionale del settore Est 118 del Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami), «ad avviare altre iniziative di lotta come esposti, denunce, azioni pubbliche e tutto ciò che ci consente la legge, perché da anni viviamo una situazione paradossale, che ha dell’assurdo e dell’incredibile».
I 25 medici in servizio nella Asl di Chieti, Lanciano e Vasto si sentono «discriminati» rispetto ai colleghi delle altre città. Il loro stipendio è tra i più bassi d’Italia: alle riduzioni economiche e al blocco del rinnovo contrattuale nazionale, si aggiunge l’abbassamento del 60 per cento delle indennità. Che, in soldoni, equivale a una retribuzione di circa il 30 per cento inferiore rispetto a quella dei medici che si occupano di emergenza sanitaria territoriale in Abruzzo e nelle altre regioni della Penisola. «Sono stato 15 anni in Lombardia», ammette amaramente Malatesta, «da qualche mese mi è stato concesso il trasferimento. Ma se avessi saputo di incontrare una situazione così paradossale, sarei rimasto volentieri al Nord».
In una nota diffusa dal sindacato e inoltrata, per conoscenza, al prefetto di Chieti Fulvio Rocco De Marinis, al presidente della Regione e commissario ad acta della Sanità Gianni Chiodi, al subcommissario Giuseppe Zuccatelli e al direttore generale della Asl Francesco Zavattaro, si spiega che da circa quattro anni, nonostante alcune sentenze giudiziarie abbiano dato ragione agli specialisti teatini, persiste «una discriminazione cronica clamorosa, di fatto vessatoria, verso i medici Est 118 in convenzione della provincia di Chieti». E non solo da un punto di vista economico. Si critica, più in generale, il criterio di distribuzione dei sanitari sul territorio. Per ogni posizione, infatti, ci sono cinque medici in servizio, a differenza dei quattro delle altre province. Visto che il personale risulta in eccesso, i medici non riescono a coprire il monte ore mensile e sono costretti dalla Asl a effettuare turni obbligatori fuori sede, in postazioni distanti anche 80 chilometri. Ai disagi si aggiunge l’aggravio delle spese e i rischi di viaggio. Senza contare che spesso, i medici raccontano di essere costretti a bruciare le giornate di ferie per coprire le ore di servizio. «La nostra è una professione delicata», sottolinea Goffredo Malatesta, «richiede un aggiornamento continuo e oneroso, disponibilità a lavorare nell’arco delle 24 ore, in qualsiasi ambiente e in tutte le condizioni meteorologiche. In altre regioni, il medico Est è considerato uno specialista che gode della massima considerazione, poiché oltre a salvare vite umane cura i pazienti a bassa complessità, evitando gli accessi impropri al pronto soccorso». Oggi «a causa dell’incomprensibile distribuzione sul territorio dei mezzi di soccorso» i medici Est si occupano anche dei codici verdi e bianchi. «Le condizioni di lavoro», rimarca Malatesta, «sono diventate pessime, al punto da compromettere l’equilibrio psichico».
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