Chieti capoluogo cancellato: Di Primio capo della rivolta

Lettere ai capoluoghi cancellati: insieme a presidiare palazzo Chigi. Legnini (Pd): la Regione si svegli e prenda posizione

CHIETI. Il sindaco Umberto Di Primio scrive ai sindaci dei Comuni che hanno perso lo status di capoluogo e ai presidenti delle Province soppresse invocando una mobilitazione generale contro il riordino degli enti provinciali varato dal governo. Il senatore del Pd Giovanni Legnini, invece, auspica un’intesa della politica regionale per cambiare il decreto sul riordino delle Province.

Un appello in controtendenza rispetto alle posizioni di altri esponenti del Pd regionale. «Vorrei prima sapere se coloro che governano la Regione, le quattro Province e tre capoluoghi su quattro, tutti appartenenti al Pdl, vogliono» interroga Legnini- «sedersi ad un tavolo comune o no. Lo chiedo da tre mesi ma la risposta non arriva e se va a finire male sappiamo già chi si sarà sottratto ai suoi doveri».

Centrodestra e centrosinistra per una volta convergono, almeno nei pensieri di due eminenti rappresentanti del territorio, sulla necessità di bloccare la trasformazione in legge del riordino delle Province deciso dal Consiglio dei ministri.

Che ha accolto le indicazioni del Consiglio delle autonomie locali (Cal) che, per l’Abruzzo, ha caldeggiato la formazione di due Province: L’Aquila-Teramo e Chieti-Pescara, con la città adriatica nuovo capoluogo di provincia in virtù del maggior numero di abitanti residenti.

Una vera catastrofe per Chieti che, decreto alla mano, perderà la sede degli uffici provinciali e potrebbe dover rinunciare anche agli uffici di emanazione statale. «Il decreto sul riordino delle Province può e deve essere cambiato. Bisogna ridurre, risparmiare, razionalizzare ma Chieti e Teramo» afferma Legnini «non si possono cancellare. Lo dico dall’inizio di questo percorso e lo ribadisco ora. E’ indispensabile un’intesa politica di alto profilo».

Da perseguire, sostiene il senatore del Pd, facendo sedere attorno ad un tavolo la politica abruzzese, senza distinzione di colore. Serve, però, la volontà di tutti che, ad oggi, è mancata specie nel centrodestra al governo della Regione e della stragrande maggioranza degli enti locali abruzzesi.

«Il problema del riordino delle Province non si risolve con la demagogia e con le furbizie come ha fatto la maggioranza in consiglio regionale, istituzione che per legge era deputata a fare la proposta al governo e che, di contro, ha scelto di non decidere con una posizione di nessun significato giuridico e istituzionale che come conseguenza ha avuto quella di un provvedimento del governo calato dall’alto. Adesso possiamo batterci per cambiare il decreto» aggiunge Legnini «ma solo se recuperiamo unità e se saremo portatori di una visione strategica per la nostra regione. Ho un’idea su come trovare una soluzione nell’interesse dell’Abruzzo. Noi parlamentari potremo avere un peso incisivo se saremo abilitati a parlare a nome dell’intera regione».

Il sindaco Di Primio ha fatto di più chiamando alle armi, con una lettera, i rappresentanti dei Comuni e delle Province cancellate. «A questo punto, temendo che il governo non eletto ponga la fiducia, ritengo necessaria» dice il sindaco «un’azione comune noi sindaci e presidenti. Predisponiamo documenti, chiediamo ulteriori incontri, presidiamo palazzo Chigi ed il parlamento mettendo in atto tutte quelle iniziative che non facciano passare nel silenzio tale decisione».

Jari Orsini

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