Chieti, l'allenatore Furgiuele potrebbe tornare libero
Potrebbe tornare libero il coach di baseball accusato di violenza sessuale nei confronti dei suoi giovani allievi, tutti all’epoca con meno di 14 anni: il suo avvocato ha riproposto ieri la richiesta di libertà
CHIETI. Potrebbe tornare libero l’allenatore di baseball accusato di violenza sessuale nei confronti dei suoi giovani allievi, tutti all’epoca con meno di 14 anni. Riccardo Furgiuele, 52enne italo-venezuelano residente a San Giovanni Teatino, ha riproposto ieri la richiesta di libertà, attraverso il suo avvocato Luigi Antonangeli. I giudici Andrea Di Berardino, Chiara Di Gerio e Riccardo De Mutiis si sono riservati la decisione entro 5 giorni, dopo aver acquisito il parere del pubblico ministero Giuseppe Falasca, che si è detto favorevole a una misura alternativa, purché l’imputato non si avvicini alle presunte vittime e ai luoghi da loro frequentati.
Ieri è stato il giorno dei testimoni dell’accusa. Una dozzina di persone, per lo più familiari dei ragazzini abusati. Furgiuele era in aula seduto accanto al suo avvocato. Dopo mesi d’angoscia, i genitori si sono ritrovati faccia a faccia con la persona che da «affidabile amico di famiglia» ai loro occhi si è trasformata in un «mostro». L’udienza è stata aggiornata al 6 novembre per ascoltare il consulente della procura, il medico legale Cristian D’Ovidio, e i testimoni della difesa.
«Aspettiamo la fine del processo per tornare a vivere. Adesso non facciamo che sopravvivere»: la mamma di una delle 11 presunte vittime è uscita in lacrime dopo aver testimoniato. La donna aspetta la fine della vicenda per voltare pagina. Il figlio ha 11 anni. «Ora è in terapia. Come tutta la famiglia. Perché questa storia ci ha distrutti tutti. E adesso vogliamo solo giustizia», ha detto. «Se si pente e ammette di avere un problema, posso pure perdonarlo. Ma la giustizia non deve farlo. Deve essere veloce, inflessibile ed esemplare», ha detto il padre di un altro ragazzino. Una delle mamme ha chiesto al giudice di poter voltare la sedia verso il collegio giudicante, in modo da dare le spalle all’imputato, seduto in prima fila proprio di fonte alla postazione dei testimoni: troppo duro per lei incrociare ancora quello sguardo. Un altro genitore ha detto invece di averlo fissato bene e di aver capito «che non è pentito: è arrivato in tribunale camminando con la testa alta, come se non avesse nulla da nascondere o di cui scusarsi». E in effetti Furgiuele si è sempre detto innocente: il suo avvocato, Antonangeli, porta avanti la strategia difensiva tentando di minare le risultanze dell’incidente probatorio che ha acquisito le testimonianze dei ragazzini, mettendo in dubbio la modalità in cui è stato svolto.
Ieri è stato il giorno dei testimoni dell’accusa. Una dozzina di persone, per lo più familiari dei ragazzini abusati. Furgiuele era in aula seduto accanto al suo avvocato. Dopo mesi d’angoscia, i genitori si sono ritrovati faccia a faccia con la persona che da «affidabile amico di famiglia» ai loro occhi si è trasformata in un «mostro». L’udienza è stata aggiornata al 6 novembre per ascoltare il consulente della procura, il medico legale Cristian D’Ovidio, e i testimoni della difesa.
«Aspettiamo la fine del processo per tornare a vivere. Adesso non facciamo che sopravvivere»: la mamma di una delle 11 presunte vittime è uscita in lacrime dopo aver testimoniato. La donna aspetta la fine della vicenda per voltare pagina. Il figlio ha 11 anni. «Ora è in terapia. Come tutta la famiglia. Perché questa storia ci ha distrutti tutti. E adesso vogliamo solo giustizia», ha detto. «Se si pente e ammette di avere un problema, posso pure perdonarlo. Ma la giustizia non deve farlo. Deve essere veloce, inflessibile ed esemplare», ha detto il padre di un altro ragazzino. Una delle mamme ha chiesto al giudice di poter voltare la sedia verso il collegio giudicante, in modo da dare le spalle all’imputato, seduto in prima fila proprio di fonte alla postazione dei testimoni: troppo duro per lei incrociare ancora quello sguardo. Un altro genitore ha detto invece di averlo fissato bene e di aver capito «che non è pentito: è arrivato in tribunale camminando con la testa alta, come se non avesse nulla da nascondere o di cui scusarsi». E in effetti Furgiuele si è sempre detto innocente: il suo avvocato, Antonangeli, porta avanti la strategia difensiva tentando di minare le risultanze dell’incidente probatorio che ha acquisito le testimonianze dei ragazzini, mettendo in dubbio la modalità in cui è stato svolto.