l'aggressione
Chieti, «Mi hanno pestata a sangue, ho creduto di morire»
Il drammatico racconto della titolare del disco pub "Cohiba" presa a calci e pugni sabato da un gruppo di teppisti che non erano potuti entrare nel locale privato: «Li conosco, sono tutti dello Scalo. La polizia deve fermarli»
CHIETI. «Mentre mi tiravano calci alla pancia e sulla testa ho pensato: adesso questi mi uccidono». È il racconto choc di A.G., 37 anni, titolare del disco-pub "Cohiba" di via Unità d’Italia, che sabato mattina è stata presa a botte da un gruppo di teppisti ai quali aveva negato l’accesso al suo club privato.
«Voglio raccontare la verità di quei lunghi momenti di terrore perché le persone devono sapere che qui, allo Scalo, ci sono soggetti pericolosi» confida al telefono: «i responsabili dei miei 30 giorni prognosi non sono affatto universitari, sono tutti ragazzi del posto e, alcuni, anche vecchie conoscenze della polizia». A.G. è un fiume in piena, di tanto in tanto si ferma perché ammette «ho dolori da tutte le parti», poi però riprende il racconto «per amore della verità». Non vuole che questo gravissimo episodio di violenza passi in sordina: «Ci potevo rimanere là, per terra, presa a calci dappertutto da almeno 6 persone. Nessuno è venuto in mio soccorso ed erano le 6 di mattina» puntualizza «hanno voluto vendicarsi perché non li ho fatti entrare. Il motivo? Non avevano la tessera», riprende a spiegare «loro se ne sono andati senza fare casino, ma già meditavano di farmela pagare. Io ho chiuso il locale al mattino presto, mi sono infilata nell’auto con la barista per accompagnarla a casa e dopo qualche metro ci siamo rese conto di essere seguite da altre auto. Una di queste ci ha bloccato. Io sono scesa ed è successo l’inferno. Erano almeno 5 ragazzi, mi hanno trascinato per i capelli in un parchetto di via Pescara e lì giù botte. Ho cercato di proteggermi gli occhi, mesi fa ho avuto un grave incidente stradale che mi ha lasciato una cicatrice profonda» confida «ma i colpi sono arrivati ovunque. Poi sono riuscita a scappare e a raggiungere l’auto. L’ho messa in moto e per farmi largo andavo avanti e indietro. Ho accelerato e a volo ho fatto salire la barista. Ho guidato per pochi metri, poi mi sono accasciata. Sanguinavo dal naso e dalla bocca». Arrivata la polizia la 37enne è stata accompagnata al pronto soccorso del policlinico. «Ho riportato la frattura di una costola e di un dito della mano e contusioni multiple su tutto il corpo. Sono livida e non solo per i calci presi» puntualizza «il medico mi ha dato 30 giorni di prognosi e voleva ricoverarmi, ma io ho messo la firma per uscire. Vivo con il mio lavoro e non posso tenere chiuso il locale, ma» assicura «domani (oggi per chi legge) andrò in questura per denunciare chi mi ha ridotto in questo stato. So esattamente i nomi di tutti gli aggressori» sostiene «specie di quelli più violenti. E le minacce che mi stanno arrivando sul cellulare non mi faranno cambiare idea. Spero solo» aggiunge «che la polizia faccia qualcosa. E in caso di pericolo, se verrò ancora minacciata, spero che sia in grado di proteggermi da altri annunciati pestaggi».Nella lista nera composta da dieci nomi compare anche quello di una giovane donna. Ha poco più di vent’anni ed è anche lei originaria di Chieti Scalo. «Sono persone conosciute dalla polizia, alcune gravitano nel mondo della droga. Il fatto grave è che questi soggetti se ne vanno in giro impuniti e pensano di essere intoccabili. Tra pochi giorni» conclude la 37enne «torneranno gli studenti universitari e come lo scorso anno si ripeteranno gli stessi episodi di violenza fuori dai locali. A causarli sono sempre gli stessi soggetti. Ma cosa deve fare un cittadino per bene per proteggersi dagli attacchi di persone del genere? La polizia deve fermarli».
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