Denunciata da un medico, pm di Lanciano sotto inchiesta

La sostituto procuratore di Lanciano Rosaria Vecchi accusata di "abuso d’ufficio": denunciata da un medico del Sert per un’inchiesta su 2 colleghi

LANCIANO. Il tribunale di Campobasso, il 7 maggio, dovrà decidere se rinviare a giudizio o meno la sostituto procuratore di Lanciano Rosaria Vecchi. La pm è indagata per «abuso d’ufficio» relativamente all’inchiesta da lei condotta sugli ex dirigenti del Sert Clara e Vittorio Levante che lo scorso anno patteggiarono una pena di un anno e dieci mesi per truffa ai danni dello Stato, peculato e concussione.

La gip di Campobasso, Libera Maria Rosaria Rinaldi, non ha accolto la richiesta di archiviazione del procedimento contro la Vecchi avviato sulla base di un esposto-denuncia di un collega dei Levante, Amedeo Guerriere, a sua volta denunciato da Vecchi per calunnia e diffamazione a mezzo stampa. Anche per Guerriere il 7 maggio è fissata la camera di consiglio in cui si deciderà se aprire o meno il processo nei suoi confronti.

DENUNCIA. Il 12 maggio scorso, Guerriere ha denunciato la pm Rosaria Vecchi al procuratore della repubblica di Campobasso, che ha competenza giurisdizionale sui magistrati d’Abruzzo, perché valuti se negli atti che riguardano la vicenda giudiziaria dei due medici del Sert Clara e Vittorio Levante, vi fossero aspetti penalmente rilevanti. Nello specifico Guerriere, che dice di aver sollevato il caso per «un senso di giustizia, un problema di coscienza che gli derivava dalla sua fede cristiana non essendo direttamente coinvolto nella vicenda», sostiene che nell’ indagine è stato reiteratamente violato l’art.120 comma 7 del dpr . 309/90: sarebbe stata violata la parte in cui si dice che il pm non può delegare atti investigativi alla polizia giudiziaria». Guerriere denuncia che nel marzo 2011 «sono stati due agenti della polizia giudiziaria, su delega del sostituto procuratore Rosaria Vecchi, e non quindi la pm, ad acquisire copia del registro delle entrate e delle uscite dal Sert Registro in cui erano trascritti i nomi e i cognomi degli utenti che hanno usufruito di prestazioni terapeutiche e socio-riabilitative domiciliari. Che gli stessi agenti, hanno acquisito copia dell’elenco contenente le generalità non solo di tutti gli utenti in carico al Sert a partire dal 1993, ma anche di coloro che vi si sono rivolti occasionalmente,in violazione della privacy». Altra illegittimità ci sarebbe stata nell’uso delle intercettazioni telefoniche “durate” si legge sulla denuncia, «per 16 e non 15 giorni come indicato nel decreto di autorizzazione, e quindi al di là delle modalità e dei limiti stabiliti dell’art. 267 comma 3 c.p.p (codice di procedura penale ndc)» Guerriere ha anche contestato il fatto che nel fascicolo processuale sono state inserite due pagine della cartella clinica di un utente senza autorizzazione dall’autorità giudiziaria. «Fatti», sostiene il medico «che costituivano una grave violazione del diritto dell’utente alla massima riservatezza, e incrinavano la relazione di fiducia tra utente e operatori del servizio non essendo più questi ultimi in grado di assicurare il corretto trattamento dei dati personali e sensibili di coloro che usufruiscono delle prestazioni del Sert».

PROCURA. Tutte accuse respinte dalla Procura lancianese, per la quale nell’inchiesta condotta dalla Vecchi non vi sarebbe stata alcuna violazione, e dal sostituto procuratore di Campobasso Nicola D’Angelo che ha chiesto archiviazione per la collega. Per D’Angelo l’attività investigativa è stata «necessaria e doverosa, rispettosa delle regole procedurali e sostanziali. La polizia giudiziaria ha proceduto correttamente nelle perquisizioni e nel sequestro dei registri. Il pm ha operato tutelando la riservatezza degli utenti».

Ma l’archiviazione è stata rigettata dal giudice che il 7 maggio ha fissato la camera di consiglio per decidere del caso. Nello stesso giorno il giudice dovrà anche decidere se procedere o meno nei confronti di Guerriere visto che Vecchi lo ha denunciato per calunnia e diffamazione anche a mezzo stampa.

Teresa Di Rocco

©RIPRODUZIONE RISERVATA