Ex Burgo, pirolisi scongiurata
Progetto In.Te modificato: solo energia rinnovabile
CHIETI. Scongiurata la realizzazione dell’impianto di pirolisi (decomposizione di biomasse a bassa temperatura) alla ex Burgo. Il progetto In.Te che prevede, nell’area dell’ex cartiera, insediamenti produttivi di 14 aziende artigianali, con l’assunzione di 1100 addetti, avrà la sua energia solo attraverso impianti fotovoltaici.
La ex Burgo ha dovuto rivedere il progetto iniziale, (che prevedeva un impianto di pirolisi), su richiesta dell’ufficio urbanistico del Comune, coordinato dall’assessore Valter De Cesare, che ha sollevato una serie di pregiudiziali alla nascita della struttura. L’impianto di pirolisi è incompatibile con la programmazione urbanistica della Val Pescara, è incompatibile con le ordinanze sindacali sulla bonifica dell’area, già altamente inquinata; costituirebbe inoltre il 14esimo impianto a Chieti di trattamento di rifiuti - come ha sottolineato lo stesso Wwf, e inoltre è anche incompatibile con il piano regionale sulla qualità dell’aria. Dunque, la struttura non può essere realizzata. La ex Burgo ha accettato di modificare il progetto.
Del resto la creazione della «caldaia» di pirolisi avrebbe avuto giustificazione solo nell’interesse dell’azienda, per reimpiegare le grosse condotte di gas-metano che alimentavano la ex cartiera. Ci si domanda comunque quali biomasse avrebbe dovuto decomporre l’impianto, non essendoci nei pressi né grosse aziende agricole, né consistenti residui di raccolto. Il rischio sarebbe stato che nella caldaia di pirolisi avrebbe potuto finirci lo stesso gas-metano che avrebbe alimentato l’impianto, trasformando così questa struttura a bassa emissione inquinante, in una centrale turbo-gas. Peraltro anche il ritorno occupazionale di un impianto altamente tecnologico sarebbe poco significativo con l’assunzione di 30 persone.
Per quanto riguarda la presenza dell’amianto nell’area, sulla quale il Wwf ha scritto al sindaco Francesco Ricci sollecitando un incontro, il Comune sta procedendo alle verifiche su un progetto dell’Arta e sotto il controllo della Asl. Dopo la caratterizzazione del sottosuolo e del suolo, se dovessero esserci sostanze pericolose, sarà la proprietaria del terreno a dover bonificare, sempre sulla base di un progetto dell’Arta. Una volta eseguita la caratterizzazione, si potrà procedere alla realizzazione dei capannoni. Il progetto prevede l’assunzione di oltre mille persone. Tra queste 190 lavoratori della ex Burgo ai quali la cassa integrazione scadrà a metà del 2010. Ma i tempi di realizzazione del progetto In.Te, non sono certo brevissimi.
Allora, sempre il settore urbanistico ha strappato alla ex Burgo uno stralcio di progetto: una volta caratterizzata l’area, si potrà partire subito con la costruzione dei capannoni e in questo fase reimpiegare immediatamente i 190 lavoratori della ex cartiera.
Sulla questione oltre al Wwf, che con una lettera al sindaco esprime diverse perplessità, interviene anche l’Ugl. Che attacca le preoccupazioni dei «cosidetti ambientalisti», scrive il segretario della Unione Leonardo De Gregorio, che, «hanno fatto di tutto per distogliere il gruppo Eni dall’investire su Ortona ben 300 milioni di euro per un ipotetico quanto discutibile danno ambientale a danno di migliaia di lavoratori giovani».
De Gregorio teme che la stessa strada si stia percorrendo nel caso della ex Burgo. «La Ugl si augura fermamente che non si innestino posizioni che vadano a ritardare l’approvazione del progetto» e invita le istituzioni a continuare nel loro impegno.
La ex Burgo ha dovuto rivedere il progetto iniziale, (che prevedeva un impianto di pirolisi), su richiesta dell’ufficio urbanistico del Comune, coordinato dall’assessore Valter De Cesare, che ha sollevato una serie di pregiudiziali alla nascita della struttura. L’impianto di pirolisi è incompatibile con la programmazione urbanistica della Val Pescara, è incompatibile con le ordinanze sindacali sulla bonifica dell’area, già altamente inquinata; costituirebbe inoltre il 14esimo impianto a Chieti di trattamento di rifiuti - come ha sottolineato lo stesso Wwf, e inoltre è anche incompatibile con il piano regionale sulla qualità dell’aria. Dunque, la struttura non può essere realizzata. La ex Burgo ha accettato di modificare il progetto.
Del resto la creazione della «caldaia» di pirolisi avrebbe avuto giustificazione solo nell’interesse dell’azienda, per reimpiegare le grosse condotte di gas-metano che alimentavano la ex cartiera. Ci si domanda comunque quali biomasse avrebbe dovuto decomporre l’impianto, non essendoci nei pressi né grosse aziende agricole, né consistenti residui di raccolto. Il rischio sarebbe stato che nella caldaia di pirolisi avrebbe potuto finirci lo stesso gas-metano che avrebbe alimentato l’impianto, trasformando così questa struttura a bassa emissione inquinante, in una centrale turbo-gas. Peraltro anche il ritorno occupazionale di un impianto altamente tecnologico sarebbe poco significativo con l’assunzione di 30 persone.
Per quanto riguarda la presenza dell’amianto nell’area, sulla quale il Wwf ha scritto al sindaco Francesco Ricci sollecitando un incontro, il Comune sta procedendo alle verifiche su un progetto dell’Arta e sotto il controllo della Asl. Dopo la caratterizzazione del sottosuolo e del suolo, se dovessero esserci sostanze pericolose, sarà la proprietaria del terreno a dover bonificare, sempre sulla base di un progetto dell’Arta. Una volta eseguita la caratterizzazione, si potrà procedere alla realizzazione dei capannoni. Il progetto prevede l’assunzione di oltre mille persone. Tra queste 190 lavoratori della ex Burgo ai quali la cassa integrazione scadrà a metà del 2010. Ma i tempi di realizzazione del progetto In.Te, non sono certo brevissimi.
Allora, sempre il settore urbanistico ha strappato alla ex Burgo uno stralcio di progetto: una volta caratterizzata l’area, si potrà partire subito con la costruzione dei capannoni e in questo fase reimpiegare immediatamente i 190 lavoratori della ex cartiera.
Sulla questione oltre al Wwf, che con una lettera al sindaco esprime diverse perplessità, interviene anche l’Ugl. Che attacca le preoccupazioni dei «cosidetti ambientalisti», scrive il segretario della Unione Leonardo De Gregorio, che, «hanno fatto di tutto per distogliere il gruppo Eni dall’investire su Ortona ben 300 milioni di euro per un ipotetico quanto discutibile danno ambientale a danno di migliaia di lavoratori giovani».
De Gregorio teme che la stessa strada si stia percorrendo nel caso della ex Burgo. «La Ugl si augura fermamente che non si innestino posizioni che vadano a ritardare l’approvazione del progetto» e invita le istituzioni a continuare nel loro impegno.