Fuga dei giovani, dati shock
Via l’80% di laureati o diplomati: città senza sbocchi.
VASTO. La crisi del lavoro spinge sempre di più i giovani verso il Nord. Aumenta l’emorragia di laureati e neo diplomati: fanno le valigie e lasciano la città perché qui non trovano possibilità né di lavorare né di andare avanti nei loro studi. L’ottanta per cento dei giovani che hanno conseguito il diploma l’estate scorsa è emigrato. Un dato shock, che fa discutere sia i rappresentanti sindacali, impegnati sul fronte-crisi, sia i politici del comprensorio, impegnati a mantenere le promesse elettorali.
«L’emigrazione è soprattutto intellettuale, anche se molti giovani hanno lasciato la città per cercare un posto di lavoro», sostiene Eliana Menna, consigliere provinciale (Idv). Come 40 anni fa. «La crisi industriale è tale che senza una cura adeguata difficilmente si riuscirà fermare la fuga dei giovani», dicono i sindacati. In base ai dati raccolti da Cgil, Cisl e Uil, su 11mila senza lavoro, 6mila sono giovani in cerca del primo impiego. Degli 11mila disoccupati più della metà ha conseguito il dottorato. Più del 70% di questi ultimi si trasferisce al Nord o nella capitale. «Fino ad oggi un gran numero di giovani è stato assorbito dalle grandi industrie di Piana Sant’Angelo, come Pilkington e Denso, e della Val di Sangro, come Honda e Sevel.
«Le grandi aziende per anni sono stati serbatoi occupazionali per tutto il comprensorio», commenta Eliana Menna, «ora basta andare su Facebook per rendersi conto di quanti giovani vastesi hanno deciso di lasciare la città perché Vasto non dà certezze future. Al punto che sono tanti anche i ragazzi vastesi “migrati” recentemente all’estero: in Australia, in Inghilterra e persino in Romania».
Molti vanno via subito dopo il diploma e si iscrivono alle facoltà universitarie delle regioni del Nord o della capitale. «A Bologna, ma anche a Parma, piuttosto che a Roma o a Milano dove esistono diversi indirizzi di studio e non solo», spiega Marco Di Michele Marisi, coordinatore regionale di Azione studentesca. «Ci sono città del Nord che riuniscono piccole comunità di giovani vastesi, i ragazzi studiano e magari trovano anche un lavoretto e le opportunità di svago sono di gran lunga superiori». E anno dopo anno il numero di giovani in fuga cresce.
«Quello che manca a Vasto è un corso universitario, la fuga dei giovani è cominciata con la chiusura del corso universitario per interpreti di via Madonna Dell’Asilo», è il parere di Marco Di Michele Marisi. «Dove c’è l’Università ci sono i giovani e i ragazzi portano linfa vitale al settore commerciale e della ristorazione. Si mette in moto il mercato degli affitti e l’economia ne trae beneficio. Per frenare la fuga dei giovani la prima cosa da fare è riaprire l’Università».
La riapertura dell’Università è un’ambizione che la giunta del sindaco Lapenna non fa mistero di coltivare, memore dei ritorni economici che innescò il corso per traduttori e interpreti collegato all’ateneo D’Annunzio di Chieti-Pescara.
«L’emigrazione è soprattutto intellettuale, anche se molti giovani hanno lasciato la città per cercare un posto di lavoro», sostiene Eliana Menna, consigliere provinciale (Idv). Come 40 anni fa. «La crisi industriale è tale che senza una cura adeguata difficilmente si riuscirà fermare la fuga dei giovani», dicono i sindacati. In base ai dati raccolti da Cgil, Cisl e Uil, su 11mila senza lavoro, 6mila sono giovani in cerca del primo impiego. Degli 11mila disoccupati più della metà ha conseguito il dottorato. Più del 70% di questi ultimi si trasferisce al Nord o nella capitale. «Fino ad oggi un gran numero di giovani è stato assorbito dalle grandi industrie di Piana Sant’Angelo, come Pilkington e Denso, e della Val di Sangro, come Honda e Sevel.
«Le grandi aziende per anni sono stati serbatoi occupazionali per tutto il comprensorio», commenta Eliana Menna, «ora basta andare su Facebook per rendersi conto di quanti giovani vastesi hanno deciso di lasciare la città perché Vasto non dà certezze future. Al punto che sono tanti anche i ragazzi vastesi “migrati” recentemente all’estero: in Australia, in Inghilterra e persino in Romania».
Molti vanno via subito dopo il diploma e si iscrivono alle facoltà universitarie delle regioni del Nord o della capitale. «A Bologna, ma anche a Parma, piuttosto che a Roma o a Milano dove esistono diversi indirizzi di studio e non solo», spiega Marco Di Michele Marisi, coordinatore regionale di Azione studentesca. «Ci sono città del Nord che riuniscono piccole comunità di giovani vastesi, i ragazzi studiano e magari trovano anche un lavoretto e le opportunità di svago sono di gran lunga superiori». E anno dopo anno il numero di giovani in fuga cresce.
«Quello che manca a Vasto è un corso universitario, la fuga dei giovani è cominciata con la chiusura del corso universitario per interpreti di via Madonna Dell’Asilo», è il parere di Marco Di Michele Marisi. «Dove c’è l’Università ci sono i giovani e i ragazzi portano linfa vitale al settore commerciale e della ristorazione. Si mette in moto il mercato degli affitti e l’economia ne trae beneficio. Per frenare la fuga dei giovani la prima cosa da fare è riaprire l’Università».
La riapertura dell’Università è un’ambizione che la giunta del sindaco Lapenna non fa mistero di coltivare, memore dei ritorni economici che innescò il corso per traduttori e interpreti collegato all’ateneo D’Annunzio di Chieti-Pescara.