Gli internati slavi ricordati a Casoli 

Visita di una docente universitaria slovena nel campo di concentramento

CASOLI. Una visita negli ambienti dell'“ozio coatto” del campo di concentramento fascista di Casoli è stata fatta venerdì mattina dalla professoressa Marta Verginella, dell'Università di Lubiana.
La docente si è intrattenuta in piazza della Memoria con Giuseppe Lorentini, ricercatore dell'Università del Molise, per osservare i documenti digitalizzati dei 110 internati sloveni, antifascisti “spediti” a Casoli (in sostituzione dei 108 ebrei spostati altrove) dal regime fascista per tenerli lontani dai partigiani sloveni che combattevano le truppe di occupazione italiane.
Verginella, autrice di diversi libri sull'occupazione italiana della Slovenia, sostiene che la memoria di quell'occupazione è stata taciuta per un lungo periodo del dopoguerra, finché un “risveglio” ci fu dopo l'istituzione del “Giornata del ricordo” nel 2004, con le commemorazioni e i discorsi dei massimi rappresentanti italiani che mettono in rilievo l’innocenza delle vittime italiane e la crudeltà dei partigiani slavi.
«La memoria collettiva slovena», continua la docente, «si riscuote e con essa si attiva anche quella individuale. Il nuovo contesto politico creatosi in Italia sollecita il ricordo dei civili e degli internati sloveni che iniziano a ricordare la violenza fascista nei campi e nelle carceri italiani».
In particolare i campo di Arbe, equiparato a Buchenwald, Gonars, le isole Tremiti, ed altri, tra i quali Casoli. Qui fu internato anche un medico, Peter Drzaj, eroe nazionale in Slovenia; un artista come Lyubo Ravnikar, autore di diversi schizzi e paesaggi esposti in una mostra a Casoli; un avvocato scrittore, Fortunato Mikuletic, il cui libro “Internatitis”, sta per essere tradotto in italiano.
La conoscenza di questi ed altri personaggi, insieme alle loro opere, arriva con quasi ottant'anni di ritardo, senza più i testimoni diretti, poiché il regime yugoslavo esaltava “gli eroi partigiani che avevano sconfitto i nazisti e i fascisti”, dimenticandosi degli internati. I lavori di ricerca di Lorentini, di Marta Verginella e di pochi altri rendono giustizia a quelle vicende.
©RIPRODUZIONE RISERVATA