Il guardiano del faro: vi racconto la fuga del re
Ha 105 anni e vive in Australia: è il testimone oculare di quella notte del 1943 Incontrò Vittorio Emanuele al porto: «Mi disse di accendere le luci per i reali»
ORTONA . Il 28 dicembre 1943 Ortona veniva liberata dall’occupazione nazista. Nel 77esimo anniversario arriva dall’altra parte del mondo una testimonianza di chi quel periodo lo ricorda molto bene. Attilio Gaudio vive a Sidney, oggi ha 105 anni, e nei mesi precedenti a quel dicembre che passò alla storia per la Battaglia di Ortona, fu uno dei testimoni diretti della fuga di re Vittorio Emanuele III dal locale scalo marittimo. È un racconto prezioso quello che l’anziano ultracentenario fornisce al Centro. Lui, che all’epoca era l’addetto al faro, seguì le operazioni che portarono all’imbarco della famiglia reale sulla Baionetta diretta a Brindisi. Quello che accadde la notte del 9 settembre 1943 è un ricordo nitido tramandato a pochi e custodito nella sua memoria, ancora ferrea nonostante l’età avanzata.
Aveva 28 anni Attilio quando intorno alla mezzanotte bussarono alla sua porta nell’abitazione proprio accanto al faro del porto. Sull’uscio di casa c’erano ufficiali militari alla cui vista l’uomo rimase sorpreso. Lui, tornitore addetto al faro che aggiustava i motori delle barche, non capiva inizialmente i motivi di quella improvvisa visita. Chiese spiegazioni ma non tardò molto a comprendere cosa stava accadendo. «Intervenne un ufficiale: “Ho un messaggio da recapitarvi”», racconta l’anziano, «e così mi venne detto “dovete accendere il faro per noi”». Gaudio non diede subito il consenso, anzi provò a spiegare che non aveva l’autorizzazione per fare tutto ciò. «Dopo queste affermazioni l’ufficiale si alterò e disse che non dovevo permettermi di parlare così. Fu allora che intervenne il re». Questi mostrò più comprensione mentre ordinava al militare di allontanarsi e smetterla di fare confusione. Vittorio Emanuele III dialogò in prima persona con il responsabile del faro. «Mi mise una mano sulla spalla, confessò che la situazione era grave e che avrei dovuto accendere il faro. Era la famiglia reale ad autorizzarmi». A quel punto Gaudio non si tirò indietro e fece quello che gli venne chiesto dal re.
L’imbarcazione non attraccò al porto, come confermato anche da un altro testimone di quella notte, il pescatore Aldo Recchini venuto purtroppo a mancare nelle settimane scorse. «La nave arrivò puntuale, erano le 12.15 di notte quando ci fu il segnale», racconta ancora l’uomo. Fu l’inizio della fuga del re verso Brindisi, ridefinita nel tempo anche trasferimento. Di certo una notte che ha segnato la storia, così come il 28 dicembre dello stesso anno, quando la città venne liberata dall’occupazione nazista. Oggi Attilio Gaudio vive in Australia, dove si trasferì nel 1949 in cerca di fortune. Quattro anni dopo venne raggiunto dalla moglie Serafina Baccile e da una delle due figlie, Luciana. L’altra figlia, Anna, è nata proprio in Australia.
Ma oggi cosa pensa di quanto accadde quella notte? È la stessa figlia Luciana a spiegare il pensiero del padre: «Ritiene che il re abbia sbagliato perché così ha lasciato l’Italia in disastro». Quel Paese dove Gaudio è tornato l’ultima volta ormai oltre dieci anni fa.
E per la sua città, Ortona, ieri è stata una ricorrenza particolare, che purtroppo a causa della pandemia non si è potuta rinnovare come avviene solitamente ogni 28 dicembre. Infatti sono stati ricordati tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per liberare il popolo ortonese ed i tanti ortonesi caduti durante la cruenta Battaglia di Ortona con una messa nella cattedrale di San Tommaso alle ore 11. I luoghi simbolo sono stati onorati con una corona posta virtualmente dall’intera cittadinanza.
Aveva 28 anni Attilio quando intorno alla mezzanotte bussarono alla sua porta nell’abitazione proprio accanto al faro del porto. Sull’uscio di casa c’erano ufficiali militari alla cui vista l’uomo rimase sorpreso. Lui, tornitore addetto al faro che aggiustava i motori delle barche, non capiva inizialmente i motivi di quella improvvisa visita. Chiese spiegazioni ma non tardò molto a comprendere cosa stava accadendo. «Intervenne un ufficiale: “Ho un messaggio da recapitarvi”», racconta l’anziano, «e così mi venne detto “dovete accendere il faro per noi”». Gaudio non diede subito il consenso, anzi provò a spiegare che non aveva l’autorizzazione per fare tutto ciò. «Dopo queste affermazioni l’ufficiale si alterò e disse che non dovevo permettermi di parlare così. Fu allora che intervenne il re». Questi mostrò più comprensione mentre ordinava al militare di allontanarsi e smetterla di fare confusione. Vittorio Emanuele III dialogò in prima persona con il responsabile del faro. «Mi mise una mano sulla spalla, confessò che la situazione era grave e che avrei dovuto accendere il faro. Era la famiglia reale ad autorizzarmi». A quel punto Gaudio non si tirò indietro e fece quello che gli venne chiesto dal re.
L’imbarcazione non attraccò al porto, come confermato anche da un altro testimone di quella notte, il pescatore Aldo Recchini venuto purtroppo a mancare nelle settimane scorse. «La nave arrivò puntuale, erano le 12.15 di notte quando ci fu il segnale», racconta ancora l’uomo. Fu l’inizio della fuga del re verso Brindisi, ridefinita nel tempo anche trasferimento. Di certo una notte che ha segnato la storia, così come il 28 dicembre dello stesso anno, quando la città venne liberata dall’occupazione nazista. Oggi Attilio Gaudio vive in Australia, dove si trasferì nel 1949 in cerca di fortune. Quattro anni dopo venne raggiunto dalla moglie Serafina Baccile e da una delle due figlie, Luciana. L’altra figlia, Anna, è nata proprio in Australia.
Ma oggi cosa pensa di quanto accadde quella notte? È la stessa figlia Luciana a spiegare il pensiero del padre: «Ritiene che il re abbia sbagliato perché così ha lasciato l’Italia in disastro». Quel Paese dove Gaudio è tornato l’ultima volta ormai oltre dieci anni fa.
E per la sua città, Ortona, ieri è stata una ricorrenza particolare, che purtroppo a causa della pandemia non si è potuta rinnovare come avviene solitamente ogni 28 dicembre. Infatti sono stati ricordati tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita per liberare il popolo ortonese ed i tanti ortonesi caduti durante la cruenta Battaglia di Ortona con una messa nella cattedrale di San Tommaso alle ore 11. I luoghi simbolo sono stati onorati con una corona posta virtualmente dall’intera cittadinanza.