«Noi, dimenticati nel caldo»

Gli ambulanti stremati sotto il tendone rovente

LANCIANO. Facce stravolte dal caldo, verdura che appassisce sui banconi e un muro di afa a rendere l’aria irrespirabile. La tensostruttura che ospita provvisoriamente le bancarelle che una volta animavano gli storici locali di piazza Garibaldi sembra una serra surriscaldata. L’esperimento dei tendoni nel parcheggio di via Per Frisa non solo non funziona, ma brucia. Dovevano essere pochi mesi di sacrifici. Nel frattempo il mercato coperto di piazza Garibaldi sarebbe stato rimesso a nuovo e radicalmente migliorato. Qualche settimana sotto i tendoni di plastica bianca era una necessaria e temporanea parentesi per tempi migliori. Qualche mugugno iniziale, perché gli anziani e i contadini, si sa, fanno fatica ad abituarsi a soluzioni diverse da quelle sedimentate in anni di fedeli abitudini. E invece il mercato sotto il tendone non va bene. Nemmeno per un giorno, altro che pochi mesi. Soprattutto perché non è un mercato, ma una terribile e asfissiante sosta in un forno.

«Non ci vengo più», sbotta un ortolano, «qui prima o poi qualcuno ci muore, non si respira». Eppure le braccia abbronzate dei contadini e le rughe scolpite dal sole sui visi induriti dalla fatica dimostrano una lotta quotidiana con il sacrificio. «Ma in campagna almeno si sta all’aperto», commenta una venditrice di verdure: «Ci hanno abbandonato, si sono dimenticati di noi e in generale di tutto il settore dell’agricoltura», aggiunge amaramente. «D’inverno si muore di freddo e d’estate di caldo», afferma Giuseppina, «la verdura si asciuga ed è difficile venderla». Gli affari stentano a decollare. A detta degli agricoltori si vende molto di meno rispetto agli altri anni. C’è un po’ di movimento solo il mercoledì e il sabato, ma loro, gli ortolani e i venditori ambulanti del mercato provvisorio di via Per Frisa, sono lì tutta la settimana, tenaci, ma avviliti dietro le loro cassette e la frutta e la verdura di stagione.

«Rivogliamo il nostro mercato», lamentano in coro due coltivatrici, «era una cosa storica, era lì da tantissimi anni. Parlano tanto di Mastrogiurato e poi si dimenticano di una tradizione come quella della piazza della verdura». «D’inverno abbiamo pagato a nostre spese il riscaldamento», riprende Angela, una delle due, «ma poi è stato acceso sì e no una ventina di giorni». Intanto il caldo si aggrappa ai vestiti, s’insidia su facce e corpi sudati e si abbatte sui clienti con le buste in mano. Anche i servizi igienici sono carenti. Dei tre presenti nella struttura in plastica solo uno è lasciato aperto. Ed è in pessime condizioni. Quello che resta della piazza della verdura è un gruppo di ortolani e venditori delusi e stanchi. Tra i cesti di vimini e le cassette e le antiche bilance di rame serpeggia un senso di rassegnazione misto a rabbia. Fuori dal tendone non va meglio. «E’ un posto isolato, non viene nessuno», si sfoga un venditore di piantine, «hanno detto che la struttura nuova sarà pronta per settembre. Speriamo bene, perché qui non si vende niente».