Cimitero, rifiuti interrati e giro di corruzione. I giudici: “Indagati pericolosi”
Il caso del cimitero di FrancaviIla. Il tribunale del Riesame accoglie la tesi del pm: «In cinque all’obbligo di firma in caserma»
CHIETI. «Sono emerse con chiarezza pericolosità sociale e inclinazione a delinquere». Il tribunale del Riesame dell’Aquila sposa in pieno la tesi del pubblico ministero Giancarlo Ciani e dispone misure cautelari a carico dei 5 principali indagati nell’inchiesta della procura di Chieti sui rifiuti interrati e sul giro di corruzione al cimitero comunale di Francavilla al Mare.
I NOMI E LE ACCUSE
I giudici aquilani hanno ritenuto sufficiente la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria nei confronti dell’imprenditore Franco Antonio De Francesco, 57 anni, di Isernia, titolare della società incaricata dei lavori di ampliamento del camposanto; del fratello Alessandro (55); della compagna ucraina Lesya Tsiluyko; del collaboratore Marcello Gianferotti (58), di Massa Carrara; e dell’architetto Maurizio Basile (56), di Chieti, funzionario del Comune di Francavilla e responsabile unico del procedimento (Rup) finito al centro delle indagini. La decisione rimarrà sospesa finché diventerà irrevocabile: gli indagati potranno impugnarla in Cassazione. I reati contestati a vario titolo – dopo le indagini di carabinieri e guardia di finanza – sono corruzione, frode nelle pubbliche forniture, gestione o realizzazione di discarica non autorizzata e soppressione di cadavere.
LA CORRUZIONE
Il Riesame, dopo il ricorso presentato dal pubblico ministero che aveva chiesto gli arresti, ha dunque riformato l’ordinanza con cui il gip Maurizio Sacco aveva detto no a qualunque misura cautelare. Secondo i giudici aquilani (presidente Giuseppe Romano Gargarella, a latere Francesca Pinacchio e Maura Manzi), infatti, «il quadro indiziario si presenta pienamente sussistente» anche in relazione all’accordo corruttivo tra Franco Antonio De Francesco e Maurizio Basile. Quest’ultimo, in qualità di funzionario pubblico, è accusato di aver omesso atti del proprio ufficio, come quello di interrompere i lavori e di contestare alla società di De Francesco una serie di gravi irregolarità, in cambio di «somme di denaro e benefit» per un totale di 129.285 euro, compresa l’assunzione di Matteo Basile nella holding di diritto spagnolo Gre development, controllata dall’imprenditore isernino. «Tutte le operazioni che secondo il gip sarebbero dimostrative della buona fede di Maurizio Basile», scrive il gip, «devono ritenersi in pratica solo operazioni di facciata, senza un contenuto effettivo, necessitate dal momento storico e dalle iniziative e dai rilievi altrui; per cui, in concreto, anche tale modo di fare può ritenersi indice della adesione di Basile al comportamento non legittimo tenuto dall’azienda, nei confronti della quale pare avere effettivamente un rapporto preferenziale».
«dazioni di denaro»
Quanto alle somme di denaro che Basile avrebbe depositato sul suo conto, «si deve rilevare che la versione prospettata dalla difesa e recepita dal gip nel suo provvedimento non appare minimamente credibile, o logicamente accoglibile. Si dovrebbe infatti ritenere che l’imputato avrebbe accompagnato o mandato da sola l’anziana madre a fare prelievi dal suo conto corrente per monetizzare le somme che poi gli sarebbero state consegnate, e che lui avrebbe depositato sul suo conto corrente per affrontare le spese relative alla madre stessa. A prescindere dai rilievi che fa condivisibilmente il pm sul fatto che non vi è concordanza né tra le cifre né tra i periodi di versamento e poi deposito delle somme, si deve rilevare come una tale operazione non avrebbe avuto alcun senso; infatti sarebbe stato più logico ritenere che, una volta che la madre avesse fatto i prelievi, avrebbe potuto semplicemente consegnare il denaro al figlio che avrebbe potuto pagare in contanti ciò che serviva». Insomma: «Il contorto e assai più complicato meccanismo ritenuto credibile dal gip», sostiene il Riesame, «non ha credibilità alcuna. E inoltre vi sono alcuni pagamenti in contanti di fatture o altro affrontate da Basile in relazione ai quali non appare emergere come lo stesso si sia procurato le provviste (pagamento in contanti delle rate mensili di due finanziamenti per 11.816,79 euro)».
L’ASSUNZIONE COME TANGENTE
In relazione poi all’assunzione del figlio, «sembrerebbe davvero strano e incredibile», continuano i giudici, «parlare di mera coincidenza: proprio in concomitanza nel momento in cui i lavori andavano avanti e si erano evidenziate probabilmente delle forti criticità, in quel momento arrivava l’assunzione del figlio del Rup, giovane alla prima esperienza lavorativa, che veniva selezionato non si sa in base a quale criterio. E tanto la circostanza si presenta fortemente sospetta, tanto più alla luce del fatto che a nessuno Basile palesò tale circostanza relativa all’assunzione del figlio da parte di una ditta sulla quale aveva in quel momento potere di vigilanza, che per motivi di opportunità avrebbe senza alcun dubbio dovuto palesare. Inoltre, la circostanza che tale prestazione lavorativa non si presentava indispensabile alla ditta è dimostrata dal fatto che, successivamente al venir meno della posizione lavorativa di Basile figlio, non vi fu alcun rimpiazzo di alcuno che prendesse il suo posto». Di conseguenza, è la conclusione del Riesame, «sussistono con chiarezza i gravi indizi di colpevolezza in relazione a tutti i reati ascritti, e a tutti gli indagati, alla luce del ruolo che hanno rivestito nella vicenda».
«c’è il rischio di nuovi reati»
Per i giudici, i cinque possono commettere altri reati. «Vi è da rilevare come dal concreto agire degli indagati, dalla molteplicità delle condotte criminose poste in essere, dalla callidità dimostrata nell’escogitare meccanismi contorti e artifici e raggiri per nascondere il meccanismo corruttivo siano emerse con chiarezza una pericolosità sociale e un’inclinazione a delinquere che lasciano ritenere pienamente sussistente il rischio di perpetrazione di similari condotte da parte di tutti gli indagati». Alla luce del fatto che Basile continua nella sua attività di funzionario pubblico, e Franco Antonio De Francesco in quella imprenditoriale, «si deve ritenere che il solo dato temporale e dell’ultimazione dei lavori non possa condurre a un giudizio di inesistenza di esigenze cautelari». Secondo i giudici, per contenere il rischio di nuovi reati, è sufficiente la presentazione in caserma, dal lunedì al sabato per Franco Antonio De Francesco e Maurizio Basile e tre volte alla settimana per gli altri tre indagati.
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