CHIETI
Selfie con i soldi dopo i colpi ai bancomat
Le foto con le mazzette da 20 e 50 euro trovate sul cellulare di un imputato: erano state inviate su un gruppo Whatsapp
CHIETI. Li hanno traditi i selfie con le banconote. Sorridenti e rilassati dopo gli assalti ai bancomat con bombe talmente potenti da mettere a rischio la sicurezza della collettività, si sono fotografati mostrando con orgoglio mazzette da 20 e 50 euro e postando le immagini nei gruppi Whatsapp. Un manifesto all’impudenza, un comportamento che denota la certezza di averla fatta franca. E invece è andata male, malissimo ai malviventi foggiani che hanno terrorizzato interi paesi del Chietino con esplosioni notturne in grado di sventrare istituti di credito e uffici postali: anche quei selfie, che vanno ad aggiungersi a una valanga di indizi scovati dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Chieti, li inchiodano alle loro responsabilità.
Il caso è tornato ieri mattina davanti ai giudici del tribunale teatino (presidente Guido Campli, giudici a latere Enrico Colagreco e Diana Genovese) e al pubblico ministero Giancarlo Ciani con la testimonianza dei militari dell’Arma che hanno condotto le indagini sui furti pluriaggravati avvenuti nel 2021 alla Bper di Miglianico, alle Poste di Villa San Vincenzo di Guardiagrele e alla Bcc di Canosa Sannita (tentato).
I NOMI
Gli imputati sono Riccardo Masciavè, 36 anni, Girolamo Rondella (36), Giandomenico Palmieri (38), Roberto Russo (24) e Marco Conversano (29): devono rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al furto di autovetture e alla fabbricazione, detenzione, porto e utilizzo in luogo pubblico di ordigni esplosivi rudimentali, le cosiddette «marmotte», per depredare gli sportelli automatici; bombe capaci di proiettare schegge anche a 35 metri di distanza. In primo grado, con il rito abbreviato, sono stati già condannati Angelo Dibartolomeo (8 anni e 4 mesi di reclusione), Carlo Grossi (6 anni) e Sabri Yermani (2 anni).
LE FOTO
I selfie sono spuntati nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla procura di Firenze per episodi analoghi, nello specifico analizzando il cellulare sequestrato a Russo. Così emerge che il 10 settembre 2021, ovvero il giorno successivo all’assalto di Miglianico che ha fruttato un bottino di oltre 40.000 euro, Russo riceve in un gruppo Whatsapp una foto da Conversano in cui si vedono tante banconote da 50 euro. Tre giorni dopo, lo stesso Conversano invia un’altra immagine in cui mostra orgoglioso l’ennesima mazzetta. Gli investigatori ritengono che siano di rilievo anche i selfie scattati da Russo inquadrando sempre i soldi: in uno di questi, l’imputato si porta l’indice alla bocca, facendo cenno di stare in silenzio. In un’altra immagine, invece, si vede Conversano sdraiato sul letto con il denaro.
LA BASE OPERATIVA
Il covo della banda era un appartamento di Francavilla al Mare, sulla statale 16, nelle disponibilità di Dibartolomeo: una vera e propria base operativa dove gli imputati sono sempre transitati per l’organizzazione logistica, per il furto delle auto staffetta, per nascondersi subito dopo i colpi e per calcolare i tempi delle azioni criminali durante i sopralluoghi preliminari agli assalti. A incastrarli sono stati le immagini delle telecamere di sorveglianza nelle aree dei furti, il Dna prelevato sui reperti, il cui esito è stato comparato con i profili genetici presenti nella banca dati nazionale, e l’esame informatico dei gps delle auto impiegate per i raid.
I PRIMI ARRESTI
I sospetti si sono indirizzati verso il gruppo di criminali foggiani dopo il furto al bancomat di Fara San Martino, avvenuto il 9 ottobre 2021, durante il quale un residente di 78 anni si è affacciato dal balcone e ha sparato contro i ladri, colpendo Grossi a un fianco. I complici hanno accompagnato il ferito all’ospedale di Vasto: ricostruendo il tragitto, analizzando le immagini delle telecamere, raccogliendo le testimonianze in ospedale e trovando il Dna di Grossi su una delle auto utilizzate per la fuga, i carabinieri di Lanciano sono arrivati anche a Rondella, Yermani e Dibartolomeo.
TUTTE LE PROVE
A quel punto, i carabinieri hanno proceduto a ritroso nel ricollegare agli indagati anche altri assalti agli sportelli automatici avvenuti, in precedenza, in comuni limitrofi. Attraverso l’analisi dei tabulati telefonici sono emersi i contatti costanti di Dibartolomeo e Rondella con Masciavè e, a catena, quelli con gli altri indiziati. È così venuto fuori che quest’ultimo ha affittato a noleggio a Cerignola una Fiat Tipo, poi usata per raggiungere i luoghi in cui si sono verificate le azioni criminali, come conferma il gps di cui l’auto è dotata. I gravi indizi di colpevolezza emersi con l’analisi delle celle telefoniche agganciate dalle utenze degli indagati – ha riassunto il giudice per le indagini preliminari Andrea Di Berardino – si combinano con i gps, installati sulla vettura «inequivocabilmente noleggiata da Masciavè», nonché su quelle rubate e utilizzate per raggiungere gli Atm; con la prova filmata della presenza, sui luoghi dei reati, delle automobili personali di Conversano, di Yermani e di Rondella; con il profilo genetico di Grossi isolato su un guanto e su un passamontagna, rispettivamente rinvenuti all’interno delle Alfa Romeo Giulietta (da qui il nome dell’operazione, Juliet) impiegate per fuggire dopo gli attacchi di Canosa e Guardiagrele. La prossima udienza in tribunale è in programma il 19 dicembre.